Copyright UE, 95 anni ma non per tutti

Copyright UE, 95 anni ma non per tutti

Solo gli attori del mercato musicale potrebbero beneficiare dell'estensione delle tutele e della previdenza sociale per interpreti. Il settore audiovisivo? Se ne riparlerà nel 2010
Solo gli attori del mercato musicale potrebbero beneficiare dell'estensione delle tutele e della previdenza sociale per interpreti. Il settore audiovisivo? Se ne riparlerà nel 2010

Anziani performer e cantautori attempati possono guardare al futuro con ottimismo e affrontare la vecchiaia con serenità: la commissione Affari Legali del Parlamento Europeo ha apposto il sigillo al testo della proposte di estensione del diritto d’autore sulle interpretazioni musicali.

Poco importa che gli esperti abbiano ventilato l’implosione dell’industria della musica e della creatività, poco importa che i consumatori abbiano rivendicato l’avvento di un mercato della musica che sappia bilanciare le esigenze degli autori e quelle delle platee degli appassionati: per il commissario europeo Charlie McCreevy si tratta di una questione morale, capace di trascendere numeri e argomentazioni. Estendere a 95 anni la durata dei diritti d’autore sulle performance di interpreti e di cantautori servirà a ricompensare questi attori dell’industria musicale per l’apporto fornito al patrimonio musicale globale, un patrimonio musicale che si vorrebbe intoccabile per tempi ancor più lunghi.

Poco importa altresì che gli studi compiuti a corollario della proposta abbiano dimostrato che a beneficiare dell’estensione della royalty siano solo mostri sacri ed etichette . A fronte di documenti compilati dalle autorità europee che prospettano per anziani interpreti, e per i loro eredi, 95 anni allietati da gruzzoli da 150 a 2000 euro dovuti alle riproposizioni nostalgiche delle loro esibizioni, c’è la stima di Open Rights Group , nella quale si configurano per i più rendite di pochi spiccioli, tra i 26,79 e i 50 centesimi l’anno, l’1 per cento di quanto l’estensione del copyright potrebbe garantire all’industria della musica nella sua globalità.

Nonostante siano in molti a sostenere che lo stiracchiamento del diritto d’autore sulle performance vada a rimpinguare le casse dei soli colossi dell’industria e delle sue chiocce dalle uova d’oro, arginando nel contempo la creatività di artisti che potrebbero volersi appropriare del patrimonio del passato per reinventarlo, la commissione Affari Legali del Parlamento Europeo ha stabilito che l’estensione è lecita.

Il testo della proposta in questi mesi è stato affinato, la commissione JURI ha tracciato i contorni della vita sul mercato delle interpretazioni fissate in fonogrammi. Per tutelare gli interpreti dalle brame dell’industria che li ha sostenuti per decenni, si è stabilito che i contratti stipulati in precedenza garantiscano ai performer di godere degli spiccioli che potrebbero fare la tiepida felicità di nipotini poco esigenti: così come nei 50 anni che hanno seguito la fissazione della performance, nonostante i contratti stipulati in precedenza, i cantanti e i musicisti dovranno poter continuare a ricevere un compenso qualora la propria opera venga riproposta in nostalgiche serate danzanti.

La commissione JURI ha inoltre stabilito che l’industria della musica allestisca una sorta di fondo pensione , nel quale i produttori riversino annualmente almeno il 20 per cento delle entrate garantite dalla riproposizione dei fonogrammi ultracinquantenni. A gestire il fondo, prescrive il testo emesso dalla commissione JURI, saranno le collecting society : “Rappresentano gli interessi di interpreti e di produttori”, spiega la Commissione, spetterà loro il compito di amministrare e spartire questi denari.

L’unico paletto imposto dalla commissione JURI alle proposte formulate nei mesi scorsi dalle altre commissioni del Parlamento Europeo è la limitazione di questa disposizione alle sole opere musicali . Qualora la proposta dovesse agire sul quadro normativo europeo, al termine dei primi tre anni del nuovo regime e successivamente ogni quattro anni, la Commissione Europea dovrà continuare a motivare l’esigenza dell’estensione con documenti che ritraggano uno spaccato della situazione dell’industria del copyright nella musica. Per il settore audiovisivo si preferisce invece temporeggiare . Sarà uno studio, a cui è invitata a provvedere la Commissione Europea, che stabilirà entro il 2010 se sia opportuno declinare una analoga misura nell’ambito delle registrazioni di qualsiasi formato. Nel mese di marzo le autorità europee torneranno a pronunciarsi: poche votazioni separano i canuti performer dalle esigue compensazioni, poche votazioni per decidere se alimentare o soffocare la creatività che potrebbe reinventare il pubblico dominio.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
16 feb 2009
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