Tutto sommato, visti i listini prezzi aggiornati , le è andata anche bene: con 59,25 dollari Emma Alvarado ha potuto ricevere a casa il suo portatile con a bordo Windows XP al posto del Vista fornito di default. I fatti risalgono all’estate dello scorso anno, ma oggi Emma ha deciso che quei soldi li rivuole indietro: e per questo ha fatto causa non al produttore del PC, ma direttamente all’azienda che produce il sistema operativo. Microsoft, appunto: e per l’azienda di Redmond potrebbe anche configurarsi una seconda class-action contro Vista.
Secondo la denuncia presentata presso il tribunale di Seattle (la donna risiede in realtà a Los Angeles), lo scorso 20 giugno l’attore ha acquistato un portatile equipaggiato con Windows Vista in versione Business. In virtù di questa scelta ha potuto quindi usufruire del downgrade , vale a dire ha ottenuto un laptop con a bordo Windows XP Professional e non il suo successore grazie alle particolari condizioni di licenza: una scelta, volontaria, che però è costata qualcosa meno di 60 dollari (47,5 euro) per essere attuata.
Un costo, quello del downgrade, che secondo Alvarado non sarebbe dovuto: a suo giudizio, con il rilascio di Vista il mercato sarebbe stato letteralmente “monopolizzato” da Microsoft, che avrebbe imposto a tutti l’utilizzo dell’ultima versione del sistema operativo impedendo la libera concorrenza tra sistemi operativi. “Microsoft – recita il documento – ha usato il suo potere per costringere i produttori OEM, gli Internet Access Provider e altri, ad accondiscendere a termini di licenza restrittivi e anticompetitivi per il suo sistema operativo Windows XP”.
Secondo la donna, inoltre, le due estensioni dei termini temporali per il downgrade – che al momento resta possibile fino al luglio prossimo – sarebbero la dimostrazione degli “incredibili guadagni” ottenuti tramite questa opzione: sarebbero “quasi uno su tre i consumatori che comprando un nuovo computer hanno pagato per il downgrade del sistema operativo da Vista a Windows XP”. Tutto sommato, quindi, tra atteggiamenti anticompetitivi, prezzi gonfiati e pratiche commerciali scorrette, per Alvarado e i suoi legali vale la pena chiedere il rimborso di quanto sborsato e delle spese legali sostenute. Il tutto farcito con una bella richiesta di class action.
Resta da domandarsi perché la donna abbia deciso di fare causa a Microsoft e non al produttore di PC a cui si era rivolta per l’acquisto: come ribadito da BigM stessa, in quella che al momento è l’unica dichiarazione a commento di questa vicenda, “Microsoft non ha alcun programma di downgrade. Offre il downgrade come parte delle licenze di Windows Vista (…). Microsoft non richiede il pagamento o ottiene alcuna royalty aggiuntiva se un utente esercita questo diritto. Alcuni utenti potrebbero volere o dover ottenere supporti o servizi di installazione da terze parti (…)”.
Tra gli addetti ai lavori, al momento, prevale un cauto scetticismo sul merito di questa nuova azione legale.
Luca Annunziata