Serve, non serve, e soprattutto a chi serve? A due settimane dall’introduzione della direttiva IPRED in Svezia si continua a discutere sulle conseguenze effettive della nuova legislazione , sul calo del traffico di rete registrato nel paese e su quanto il nuovo regime legale possa giovare alla crescita del mercato di musica legale in formato digitale.
InProdicon , content provider che in Svezia che gestisce la metà dei contenuti scaricati online su PC e dispositivi mobile, sostiene che IPRED serve a far crescere il mercato digitale, e conforta tale tesi comunicando una crescita degli acquisti dal primo aprile in poi misurabile nel 100 per cento in più .
Grazie a IPRED insomma, e al fatto che ora l’industria del copyright non ha più bisogno di passare per i tribunali per andare alla caccia di condivisori, in Svezia ci sarebbe stato un vero e proprio boom di vendite. “Non so se la cosa sia da ascrivere soltanto a IPRED” – osserva il managing director di InProdicon Klas Brännström – ma si tratta sicuramente di un segno di cambiamento evidente”.
Quello che però InProdicon non rivela, come sottolinea ZeroPaid , sono le reali cifre di cui si sta parlando : quel 100% di incremento non tiene in conto il numero di brani effettivi venduti, se si tratti di 100, 1.000 o 10.000 non è dato al momento saperlo. Un fatto che potrebbe anche portare a un corposo ridimensionamento il significato pratico dell’incremento.
Il business di InProdicon sta poi crescendo indipendente da IPRED, e Brännström parla di un aumento del volume di affari del 20-30% su base annua rispetto al 2008. Nella tuttora irrisoria equazione IPRED = boom di vendite va poi considerata anche la variabile della riduzione di traffico registrata dal primo di aprile in poi, un fatto che, per quanto inconfutabile, contribuisce a complicare ulteriormente la valutazione del “successo” della musica digitale in vendita sullo store svedese.
Qualche che sia la verità, il business può dimostrarsi anche benevolo nei confronti dei pirati potenziali, regalando biglietti omaggio a chi ha espresso disappunto per la mancata disponibilità, sul network BitTorrent, di una versione rippata del film Adventureland di Miramax. È quanto successo a un’utente di Twitter che, dopo essersi lamentata del mancato rip, ha prima ricevuto l’invito a “non farlo”, a non piratare il film e ad andare a vederlo al cinema, e poi si è vista recapitare un biglietto omaggio dallo studio sempre via Twitter.
Nel caso sopraelencato stupisce, oltre alla insolita benevolenza di chi spesso e volentieri descrive la pirateria come una delle sette piaghe d’Egitto, la particolare attenzione degli studios verso gli umori della rete per i film in uscita o distribuiti da poco, un’attenzione che non risparmia certo i network di file sharing ma coinvolge anche i social network, i servizi di micro-blogging e tutti i più recenti canali di comunicazione a mezzo web.
Alfonso Maruccia