Il qubit che voleva vivere per sempre

Il qubit che voleva vivere per sempre

Ricercatori statunitensi trovano il modo di allungare la vita ai all'informazione quantica, aprendo le porte a sperimentazioni ben più proficue e a sistemi di calcolo dell'infinitamente piccolo
Ricercatori statunitensi trovano il modo di allungare la vita ai all'informazione quantica, aprendo le porte a sperimentazioni ben più proficue e a sistemi di calcolo dell'infinitamente piccolo

Nasconde le promesse di una rivoluzione fin qui solo sognata da scienziati e tecnologi, ma il qubit , unità elaborativa alla base del quantum computing, rimane un elemento sfuggente e complicato da trattare a livello sperimentale. Grazie al lavoro dei ricercatori del NIST , però, in futuro tali difficoltà dovrebbero essere meno invalidanti grazie allo sviluppo di una tecnica capace, letteralmente, di allungare artificialmente la vita di un qubit .

Normalmente un qubit “vive” per una frazione infinitesimale di secondo, e maggiore è la complessità del sistema di computing sperimentato minore sarà la durata delle particelle coinvolte nei processi computazionali. Estremamente sensibile all’ambiente che lo circonda, il qubit potrebbe continuare a mantenere sotto chiave i misteri del quantum computing se non si trovasse il sistema di “rallentare” il decadimento delle particelle , giusto il tempo di permettere agli scienziati di studiare il comportamento e la praticabilità del quantum computing.

La tecnica sviluppata dal NIST riesce appunto ad aumentare la durata dei qubit utilizzando pulsazioni magnetiche temporizzate composte da ioni di berillio , grazie alle quali è stato possibile estendere tale durata da 1 millisecondo a migliaia di ms.

“La cosa peggiore sull’informazioni quantica da un punto di vista sperimentale – dice il ricercatore del NIST Michael Biercuk – è il fatto che anche se tu col tuo qubit non ci fai niente, la sua sola interazione con l’ambiente ha degli effetti su di esso”. Il problema dei qubit è la loro stessa natura e la correlazione stabilita dal fenomeno noto come entanglement quantistico , che definisce un legame tra gli stati di due sistemi (in questo caso qubit) distinti anche se questi sono separati spazialmente da distanze superluminari.

L’entanglement è alla base degli studi sul quantum computing , ma per sua natura tende a decadere con facilità a causa di segnali di disturbo come fluttuazioni elettriche casuali nell’ambiente. Con gli impulsi temporizzati di berillio, Biercuk e colleghi sono riusciti a mitigare questo effetto di disturbo, permettendo in teoria non solo di allungare il tempo degli esperimenti ma anche di costruire sistemi di quantum computing più complessi, dotati quindi di capacità computazionali superiori.

Alfonso Maruccia

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il 24 apr 2009
Link copiato negli appunti