Lo spoglio elettorale appena concluso in Iran ha lasciato dietro di sé una scia di polemiche alimentata non solo dalle accuse di brogli lanciate dagli sconfitti ma sopratutto dal blocco pressoché totale dei mezzi di comunicazione entro i confini del paese. La scure della censura ha colpito indistintamente vecchi e nuovi media: al blocco di Facebook e altri social network ha fatto eco l’inspiegabile tilt della locale rete GSM, che ha di fatto impedito qualsiasi scambio di commenti.
Le autorità di Teheran hanno provato ad imbavagliare gli organi di informazione sia nazionali che internazionali, anche se per questi ultimi il provvedimento restrittivo non ha sortito l’effetto sperato. Pur confermando i tentativi di sabotaggio delle sue trasmissioni in Iran la BBC ha riportato in maniera esauriente gli avvenimenti post-elettorali: “Ciò – spiega Peter Horrocks di BBC World – sembra far parte di una serie di comportamenti delle autorità locali atti a limitare la diffusione di notizie riguardanti le elezioni”.
Oltre che dall’emittente britannica sono stati segnalati problemi anche dai reporter di RAI, ZDF (Germania), Al Arabya (Dubai) e SVT (Svezia). I giornali di stato non hanno accennato alle proteste popolari mentre quelli dell’opposizione non sono neanche apparsi nelle edicole. Tuttavia il flusso di notizie, per quanto intasato dai blocchi di stato , è riuscito a mettere in moto la macchina dei social network ed in particolare di Twitter, che ha guidato l’onda del dissenso telematico.
Proprio grazie al tecno-fringuello il principale avversario del presidente Ahmadinejad, Hossein Mousavi, ha riferito di trovarsi agli arresti domiciliari, aggiornando con frequenza i suoi sostenitori circa l’evolversi degli eventi. Sempre su Twitter è poi montata la protesta dei netizen, che hanno fatto del tag #IranElection il proprio cavallo di battaglia per mantenere costante il bombardamento di news riguardanti l’Iran. Negli Stati Uniti la notizia di Twitter come portatore di notizie è stata discussa all’interno di un articolo del New York Times dedicato alla situazione del paese mediorentale.
Un altro tag che ha invece fatto da contraltare a #IranElection è stato #CNNFail , riferito al comportamento tenuto da CNN. Il canale informativo statunitense è stato infatti accusato di non aver dato un’adeguata copertura ai fatti di Teheran , luogo in cui si sono verificati gli scontri più cruenti, relegando la notizia insieme ad altre di minore rilevanza.
Accortosi di ciò il broadcaster statunitense ha corretto il tiro posizionando la notizia tra quelle più importanti, facendo così aumentare ancora di più la platea di spettatori che stanno seguendo il turbolento spettacolo dato dalle forze dell’ordine iraniane.
Tuttavia l’intensità dei moti di protesta unita alla consapevolezza di trovarsi, nonostante tutto, di fronte agli occhi del mondo intero potrebbe aver generato un cambio di rotta da parte di chi attualmente detiene il potere in Iran, ovvero l’Ayatollah Ali Khamenei: secondo quanto riportato dal Guardian la massima autorità religiosa del paese avrebbe ordinato di indagare sulle modalità dello svolgimento della tornata elettorale. Una mossa inaspettata e che lascia presagire che Mahmoud Ahmadinejad dovrà aspettare per cantare vittoria.
Giorgio Pontico