Alla Cina la musica non suona bene

Alla Cina la musica non suona bene

Annunciata una nuova forma di controllo e approvazione per i brani stranieri forniti in Rete. Le major sorridono, Google e Baidu meno
Annunciata una nuova forma di controllo e approvazione per i brani stranieri forniti in Rete. Le major sorridono, Google e Baidu meno

Dopo l’informazione, i social network e la pornografia, tocca ora alla musica passare sotto il controllo di Pechino. Il Ministero della Cultura ha deciso che i siti musicali avranno bisogno dell’ approvazione per ogni canzone straniera distribuita via Internet.

Interessati sono, tra gli altri, anche i principali motori di ricerca operanti in Cina, Google, Baidu e Alibaba che forniscono anche link per scaricare gratis brani da Internet (e che in passato erano stati ritenuti non in violazione del diritto d’autore ): le autorità non vogliono limitarsi a verificare gli archivi di quei siti che contengono le canzoni nei loro server “e le vendono legalmente”.

I distributori di musica online dovranno fornire ogni testo (tradotto in cinese) e documenti che attestino la concessione dei diritti di proprietà intellettuale. E le aziende che vorranno offrire un servizio di download dovranno anche ottenere una “licenza culturale” per operare su Internet.

Controlli simili già agiscono su film e libri importati, ma l’operazione appare comunque una sfida per la burocrazia di Pechino, visto il volume della musica circolante sulla Rete cinese: tutte le canzoni provenienti dall’estero dovranno essere sottoposte all’analisi del Ministero entro la fine dell’anno . Per far questo la Cina ha già annunciato l’assunzione del numero sufficiente di persone qualificate. Un piccolo esercito di censori contabili.

Obiettivo ufficiale del nuovo programma – si legge nel sito del Ministero – è risolvere i problemi generati dalla confusione “fra contenuti buoni e cattivi” e dalla “grande quantità di musica importata senza approvazione”, sia per quanto riguarda il rispetto del copyright, sia per una “generale mancanza di supervisione e regolazione sul comportamento in questo mercato”.

I rappresentanti delle case discografiche sperano che possa essere un’arma in grado di contrastare la pirateria musicale, che in Cina è dilagante . Tuttavia sia perché non è il Ministero della cultura il principale attore cinese della lotta alla pirateria, sia perché ha richiesto i testi tradotti, sembra che non ci si limiterà a questo.

La nuova politica di Pechino potrebbe rivoltarsi proprio contro le etichette musicali. Potrebbe essere utilizzata anche come forma vera e propria di restrizione all’importazione di prodotti stranieri (badandosi su criteri discrezionali del governo cinese). Chissà se in questo caso l’Organizzazione Mondiale del Commercio( OMC ), che ha da poco affrontato questioni relative a prodotti audiovisivi importati in Cina, avrebbe qualcosa da ridire.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
9 set 2009
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