La copia privata è un diritto dell’utente tutelato dalla legge italiana, al cittadino è consentito operare una copia di backup dei prodotti che acquista regolarmente. Ma non è un diritto che si possa esercitare in ogni occasione: se l’unica arma che l’industria dei contenuti può imbracciare per contenere la pirateria è impedire qualsiasi tipo di riproduzione, l’utente si trova costretto a rinunciare al proprio diritto alla copia privata.
A stabilirlo è stata una decisione del Tribunale di Milano, che si è pronunciato riguardo ad un caso avviato negli scorsi anni: erano tre gli utenti che si erano rivolti all’autorità giudiziaria per denunciare rispettivamente Sony Pictures Home Entertainment, Buena Vista Home Entertainment (Disney) e Universal Pictures. I tre colossi dei contenuti, spiegava l’accusa, avrebbero agito in violazione della legge italiana perché impedivano ai loro utenti di godere del diritto alla copia privata sancito dall’ articolo 71 sexies della legge sul diritto d’autore.
La legge prevede infatti che ” la persona fisica che abbia acquisito il possesso legittimo di esemplari dell’opera o del materiale protetto, ovvero vi abbia avuto accesso legittimo, possa effettuare una copia privata, anche solo analogica, per uso personale, a condizione che tale possibilità non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti “. I tre cittadini si erano però scontrati con i sistemi DRM con cui i detentori dei diritti avevano blindato i contenuti veicolati dai DVD: le protezioni rendevano impossibile eseguire una copia di backup, un uso che non avrebbe attentato ai diritti esclusivi detenuti da Sony, Universal, Disney. Per godere del diritto alla copia privata sancito dalla legge, i tre cittadini non avrebbero potuto fare altro che violare le protezioni anticopia.
Il Tribunale di Milano ha però ora stabilito che la presunta violazione della legge da parte di Universal Pictures denunciata da uno dei tre cittadini non sussiste. Non sussiste perché, ha chiarito il Tribunale nelle parole riportate dall’edizione cartacea del Sole 24 Ore , il diritto alla copia privata costituisce “eccezione al diritto esclusivo di riproduzione che costituisce uno dei profili più significativi ed economicamente rilevanti dei diritti di utilizzazione economica delle opere protette”.
Il diritto alla copia privata sarebbe quindi legittimamente scavalcato dal diritto esclusivo di riproduzione detenuto da Universal Pictures, diritto esclusivo che Universal ha tutelato a mezzo sistemi anticopia. Lo stato dell’arte delle soluzioni tecniche a presidio dei contenuti nel momento in cui l’accusa ha acquistato il contenuto di cui voleva effettuare una copia, ha spiegato Universal al Tribunale di Milano, era però diverso rispetto a quello attuale. Le soluzioni anticopia in quegli anni sarebbero state meno raffinate, e i sistemi utilizzati dagli studios per proteggere i contenuti non prevedevano la possibilità di limitare il numero della copie riproducibili dall’acquirente del supporto.
Universal non ha violato la legge né i diritti dell’utente, spiega il Tribunale di Milano, perché si trovava di fronte alla scelta fra proteggere i propri contenuti dalla riproduzione illegale e consentire la copia privata rinunciando però ad arginare le riproduzioni illecite. È stata “l’inesistenza di misure tecniche di protezione atte a consentire le riproduzione di una sola copia” a spingere il Tribunale a stabilire che Universal Pictures non abbia violato la legge italiana.
La decisione del Tribunale di Milano è accomunabile a quella emessa nei mesi scorsi dalla Corte di Cassazione francese: ad un utente che lamentava l’impossibilità di fruire del diritto alla copia privata compresso da protezioni troppo severe, l’autorità giudiziaria d’oltralpe aveva chiarito che quella della copia privata non è che un’eccezione che non può impedire all’industria dei contenuti di tutelare i propri diritti.
Il procedimento che si è ora concluso presso il Tribunale di Milano, aveva commentato nel 2006 l’avvocato del cittadino che aveva chiamato in causa Universal, sarebbe potuto servire a fare chiarezza sulla funzione dell’ equo compenso , istituto che dovrebbe garantire ai detentori dei diritti quanto spetta loro per la copia privata che gli acquirenti hanno diritto ad effettuare. Se la copia privata resta un’eccezione, l’equo compenso sembra però essere destinato a doversi applicare ad un numero sempre maggiore di dispositivi vergini.
Gaia Bottà