UK, disconnettere è rischioso

UK, disconnettere è rischioso

Continua lo scontro sulla dottrina Sarkozy di Sua Maestà. I provider provano l'insensatezza delle disconnessioni, mentre in Parlamento c'è chi chiede al governo di riconsiderare la sua posizione
Continua lo scontro sulla dottrina Sarkozy di Sua Maestà. I provider provano l'insensatezza delle disconnessioni, mentre in Parlamento c'è chi chiede al governo di riconsiderare la sua posizione

A chi servono realmente, e soprattutto quanto sono inutili le disconnessioni forzate dei recidivi del file sharing non autorizzato? Nell’ acceso dibattito attualmente in corso nel Regno Unito sulle paventate imposizioni legali agli ISP in fatto di lotta alla condivisione illegale dei contenuti digitali, il provider Talk Talk prova a usare la logica e l’esperienza pratica per mettere all’angolo le volontà promosse da Lord Mandelson, il Segretario di Stato che ha evocato “misure urgenti” contro la pirateria del P2P.

Talk Talk, che si autodefinisce il più grande fornitore di banda larga del Regno con 4,25 milioni di clienti, ha spedito in giro per il paese un team di esperti per verificare la sicurezza delle reti senza fili domestiche. E il risultato, neanche a dirlo, è stato rivelatore: in entrambe i test di wardriving condotti dagli esperti (uno in una strada residenziale del Middlesex e l’altro nella parte occidentale di Londra) il numero di hot spot WiFi aperti è stato più di un terzo del totale, con un picco (a Londra) del 41% equivalente a ben 1.083 reti wireless aperte e quindi vulnerabili all’ hijacking della connessione.

La prova sul campo di Talk Talk si è conclusa con il download indisturbato di alcuni brani dal P2P, giusto per rafforzare il punto e avere un’ulteriore dimostrazione delle possibilità di abuso del sistema. “L’evidente implicazione – ha detto Andrew Heaney di Talk Talk – è che milioni di persone sarebbero a rischio”. Il rischio di disconnettere gli innocenti , colpevoli di avere a disposizione un router wireless aperto e disponibile a tutti “non è ipotetico” dice Heaney, che spiega come siano già centinaia le denunce fatte pervenire alle associazioni dei consumatori da parte degli utenti ingiustamente accusati di condivisione illegale.

Come già successo in passato, alla volontà di istituire disconnessioni forzate si oppone l’argomento secondo cui un IP non identifica una persona, quindi un IP usato a fini “illegali” non può portare alla perdita o al throttling della connessione a Internet dei cittadini britannici. “La mancanza della presunzione di innocenza e l’assenza di un processo combinata all’aumento del WiFi hijacking”, denuncia Heaney, porterà inesorabilmente “alla disconnessione di persone innocenti” ed è per questo che Talk Talk continuerà a “resistere fermamente a qualsiasi approccio che non protegga gli innocenti”.

Intanto a Londra, presso la Camera dei Comuni, uno sparuto gruppo di parlamentari firma un ordine del giorno critico nei confronti della “cura Mandelson”, giudicata “futile”, sproporzionata rispetto al danno effettivo ai proprietari dei diritti d’autore e irrispettosa dei diritti legali degli utenti. L’ordine del giorno, presentato dal parlamentare laburista Tom Watson e sottoscritto da 21 suoi colleghi, sostiene che “la disconnessione dei presunti colpevoli sarà futile vista la relativa facilità per i condivisori più accaniti nel mascherare la propria identità o attività evitando l’identificazione”, e prende atto che “il file sharing illecito costa denaro ai detentori dei diritti d’autore solo nei casi in cui le persone scaricano i contenuti incriminati invece di acquistarli”.

Non ci sarebbe insomma una relazione diretta tra i presunti danni denunciati dalle major dell’industria e il P2P non autorizzato, e inoltre i parlamentari notano che la disconnessione finirebbe per punire chi condivide la linea per la semplice navigazione web. Fermo restando, in ultima istanza, che prima di qualsivoglia sanzione imputato e accusa devono passare davanti a un giudice. E quel giudice non possono certo essere le associazioni che si ergono a tutela del copyright o i fornitori di connettività.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
16 ott 2009
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