WebTheatre/ Dove osano le webserie

WebTheatre/ Dove osano le webserie

di Gabriele Niola - E se la TV divenisse un canale al servizio della Rete? Le produzioni Internet non hanno nulla da invidiare a quelle tradizionali
di Gabriele Niola - E se la TV divenisse un canale al servizio della Rete? Le produzioni Internet non hanno nulla da invidiare a quelle tradizionali

La televisione americana sempre di più utilizza produzioni autonome per la Rete per promuovere i suoi contenuti. La televisione italiana sempre di più comincia a capire che può usare Internet come ulteriore veicolo per i propri contenuti (l’avevamo raccontato qualche settimana fa). Piccole cose che portano a grandi cambiamenti, media grandi che comprendono quale tipologia di cambiamento stia arrivando e ognuno a modo proprio tentano di farlo proprio. A beneficiarne sono come spesso accade i contenuti, trovando un allargamento che spesso è anche arricchimento.

Già qualche mese fa avevamo descritto quello che negli USA stava accedendo con la serie televisiva Harper’s Island , rivelatasi poi un moderato successo. Era stata preceduta da un’altra serie, questa volta per la Rete, denominata Harper’s Globe e incaricata non solo di fare un lavoro di promozione (la serie per la tv partiva la sera stessa in cui l’ultimo episodio di quella per la Rete veniva messo online): ma anche di portare gli spettatori ad un tipo di affezione che per i prodotti teleivisivi è più difficile da controllare rispetto ai prodotti in rete, ovvero quella della community. L’esperimento, benché immaturo, fu davvero ben fatto e a margine di Harper’s Globe fu messo in piedi una specie di social network.

Da quel momento i tentativi in materia sono aumentati e i servigi di alcune imprese o team di gran successo in Rete sono sempre più richiesti. Il rischio però, come spesso accade agli inizi di qualcosa, è che tentativi goffi e poco convinti che risultano in insuccessi condizionino un trend invece corretto. È il caso di Ted Sampon: Househusband il tie-in (parola che ha il significato opposto di spin-off) di Househusbands of Hollywood , una reality serie (cioè una serie che utilizza personaggi reali e racconta la loro vita) incentrata sui mariti di Hollywood con mogli di successo.

L’idea su cui si regge il tie-in è molto interessante. Se la serie per la tv è di base un reality, quella per la Rete è un prodotto totalmente di fantasia che gli orbita intorno, un po’ prendendolo in giro un po’ esplorandone i confini. Ted Sampon dovrebbe essere come un concorrente o un protagonista scartato dai provini, uno la cui vita è più o meno in linea con il target della trasmissione ma poi ha degli eccessi che ne hanno causato l’esclusione. Non dovremmo neanche dirlo, ma giusto per scrupolo va precisato che la webserie è a sfondo comico.

L’idea originaria prevedeva che la serie per la Rete corresse assieme a quella per la televisione, cioè che i contenuti si sovrapponessero andando in sostanza a colmarsi a vicenda: quando non è online una nuova puntata della webserie c’è quella in televisione e viceversa. Il prodotto per il Web dovrebbe avere la medesima funzione degli extra di un DVD, cioè qualcosa di parallelo e accessorio che vive una vita da parassita ma lo stesso è un valore aggiunto per lo spettatore, poiché partendo dai valori del prodotto-madre ne allarga il campo semantico.

Tanto è vero tutto questo che a Fox Reality (canale satellitare che doveva mandare in onda il tutto) si sono spaventati di quello che sarebbe potuto succedere, cioè del fatto che si rischiava che il pubblico non capisse la differenza tra finzione e realtà, tra serie per la TV e serie per la Rete, e hanno deciso di mettere in cantiere il prodotto per Internet anche se quello per il piccolo schermo era stato già girato e montato. Alla fine la webserie ha cominciato ad andare online adesso che la serie per la tv è finita, e sta riscuotendo un buon successo di pubblico e addetti ai lavori (in Italia non è visibile perché Fox essendo tra i soci di Hulu la distribuisce unicamente in quella canale).

La sola idea di proporre oggi qualcosa di simile in Italia è folle e probabilmente non riuscirebbe a generare attenzione a sufficienza: tuttavia gli utilizzi immaturi che i nostri network fanno delle possibilità del video in Rete (più che altro concepite come repository) sono già qualcosa e testimoniano un’idea non diversa da quella statunitense. Cioè che la Rete possa essere un luogo dove altri tipi di contenuti viaggiano in armonia con quelli televisivi, per prolungare non la loro vita, ma quel tipo di coinvolgimento.
Di fronte a tutto questo viene da chiedersi che succederà quando, come è naturale, il bacino di utenza maggiore della Rete trasformerà le serie-ancella in serie-madre. Quando i ruoli, cioè, saranno ribaltati.

Gabriele Niola
Il blog di G.N.

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Pubblicato il
22 ott 2009
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