Microsoft brevetta sudo

Microsoft brevetta sudo

La concessione di un brevetto su un comando risalente all'alba dei tempi digitali scatena le ennesime polemiche sulla brevettabilità del software. Che secondo alcuni andrebbe abolita
La concessione di un brevetto su un comando risalente all'alba dei tempi digitali scatena le ennesime polemiche sulla brevettabilità del software. Che secondo alcuni andrebbe abolita

Ancora una volta si parla di polemiche sui brevetti software, l’open source e Microsoft, con quest’ultima a giocare il ruolo di attentatrice del movimento FOSS , Linux, Unix e tutto quanto. Oggetto del contendere è questa volta sudo , o meglio quella che viene descritta come una versione personalizzata dell’atavico comando per Unix/Linux a cui è stata applicata una GUI e poco altro di più.

Sudo viene impiegato per elevare temporaneamente i privilegi di un utente ad amministratore senza fare il logout , procedura utile nel caso sia ad esempio necessario installare un software che richieda un account di livello superiore. La storia di sudo viene fatta risalire ai primi anni ’80 su sistema BSD , o addirittura anche prima agli anni 70 ai tempi dei mainframe computer .

Cotanta “prior art” non è però stata sufficiente a bloccare l’ufficio brevetti statunitense (USPTO), che ha concesso senza problemi il brevetto numero 7617530 a Microsoft, brevetto riguardante appunto una sorta di “sudo for dummies” che al normale funzionamento del software a riga di comando aggiunge un’interfaccia grafica per facilitarne l’utilizzo .

Naturalmente l’episodio va a inserirsi nella continua discussione (accentuata dal recente caso Bilski ) sulla reale utilità dei brevetti software, da una parte descritti come l’unica possibile difesa delle buone idee, dell’innovazione e dell’industria del software, mentre dall’altra vengono liquidati come un malefico e capzioso strumento coercitivo (“la matematica non si brevetta”) in mano alle grandi corporazioni intenzionate a spazzare via la concorrenza e gli avanzamenti tecnologici reali.

C’è chi ci scherza su puntando a celebri webcomic come dimostrazione di prior art ed evidente ovvietà, ma qualcun altro ci va giù pesante bollando l’USPTO di incompetenza , lassismo e pigrizia nei confronti di informazioni incomplete fornite sul brevetto dalla stessa società richiedente, squalificando il concetto stesso di “brevetto software” e chiedendo a gran voce il divorzio forzato dei due: “prima che tutti gli appassionati di tecnologia del mondo smettano di programmare in preda al disgusto o muoiano per le risate”.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
12 nov 2009
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