Dopo aver fatto la sua comparsa sul mercato oltre un anno fa, Android di Google ha dimostrato di possedere una notevole vitalità conquistando il 3 per cento del mercato e i favori dei big del settore mobile – Motorola su tutti . Ma non solo di rose e fiori si tratta, perché l’amara verità dello sviluppo di appliance “universali” per la piattaforma è che in realtà Android non è affatto una “piattaforma” .
Gli sviluppatori descrivono l’attuale situazione come un “incubo”, una condizione in cui se il sistema operativo base è identico, diverse anzi diversissime sono le versioni presenti sul mercato e le scelte di cutomizzazione fatte dai produttori di smartphone e dispositivi mobile.
Chi volesse sviluppare del codice per Android, infatti, dovrebbe prima di tutto prendere in considerazione il fatto che attualmente sul mercato sono presenti tre versioni dell’OS (1.5, 1.6 e la più recente 2.0), un po’ come uno sviluppatore Windows deve considerare l’esistenza di XP, Vista e 7 nella realizzazione del suo software per PC.
Vanno poi messi in conto i firmware specifici di ogni dispositivo, le differenze hardware dei vari modelli e più in generale tutte quelle personalizzazioni che un produttore si sente in dovere di implementare per differenziare il suo prodotto dagli altri e magari attrarre maggiormente il consumatore. Prova ne sia MOTOBLUR , il “tweaking” social dell’interfaccia di Android che sempre Motorola ha deciso di implementare sullo smartphone CLIQ.
Sviluppare per Android non è insomma la cosa più semplice da fare, e la situazione non potrà che peggiorare con il preventivato aumento di market share dei dispositivi androidi e la conseguente proliferazione dei modelli disponibili. Da questo punto di vista iPhone di Apple se la passa ovviamente molto meglio, vista la natura chiusa della piattaforma e il controllo particolarmente marcato che Cupertino tende a esercitare sull’iCodice di terze parti prima della pubblicazione sull’ inflazionato bazar dell’App Store.
Ma iPhone deve avere a che fare con problemi di diversa natura, nella fattispecie un tentativo – riuscito – di furto delle credenziali di accesso per la posta elettronica attraverso un attacco di tipo “man in the middle”. Usando una rete WiFi e i software Arpspoof e SSLStrip , i ricercatori hanno trovato il modo di bypassare la cifratura SSL usata nelle comunicazioni sul sistema operativo di iPhone (ma anche sul Nokia N95, sul Windows dell’HTC Tilt, sull’Android di T-Mobile G1) e ottenere username e password per l’email.
Problemi di sicurezza a parte iPhone è sempre richiestissimo, al punto che ignoti ladri organizzati hanno fatto incetta di oltre 4mila melafonini in un magazzino belga prima che questi venissero trasportati agli uffici del carrier locale Mobistar. Gli investigatori sospettano si tratti di un lavoro da basista , visto che il buco sul soffitto da cui sono passati i ladri è stato fatto proprio sui locali in cui erano conservati gli smartphone Apple.
Alfonso Maruccia