Si intitola Il diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica . È un’indagine conoscitiva pubblicata di recente sul sito ufficiale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM). Un corposo documento che non mira a fissare un quadro definitivo di regolamentazione, bensì a lasciare aperti i possibili scenari futuri , a dare a cittadini e imprese la possibilità di avanzare proposte. E di aprire un dibattito.
Nell’introduzione al documento, AGCOM ha ricordato un’esigenza di ricostruzione del quadro sul diritto d’autore in Italia, in modo da garantire un prezioso bilanciamento. In particolare, tra la libertà d’espressione, l’equa remunerazione degli autori e un’adeguata tutela dei diritti dei cittadini della Rete. Tenendo conto della necessità di garantire privacy e accesso alla cultura , in particolare sul web.
Questo innanzitutto perché l’Italia ha bisogno di riflettere su questo modello per conformarsi al pacchetto di direttive dell’Unione Europea sulle comunicazioni elettroniche. Pacchetto che ha sostanzialmente sottolineato come l’accesso a Internet sia un principio fondamentale dell’ordinamento comunitario .
Modello italiano, dunque. Nel Belpaese, il cosiddetto Decreto Romani vorrebbe affidare all’Autorità un potere di molto superiore a quello attuale, inclusa la possibilità di disconnettere gli utenti colti a violare ripetutamente il diritto d’autore. Nella sua indagine conoscitiva, AGCOM sembra aver intrapreso una strada teorica decisamente in controtendenza con quelle illuminate da paesi come la Gran Bretagna e la Francia .
Esempio. Secondo uno studio effettuato sul traffico a livello globale – e riportato nel documento – il fenomeno della pirateria a mezzo P2P appare in diminuzione. Precisamente, dal 40 per cento del 2007 al 19 per cento del 2009 . Mentre a crescere sarebbe il numero di abbonamenti a banda larga. Questo potrebbe voler dire, a detta di AGCOM, che la crescita degli abbonamenti broadband allontanerà i cittadini dal P2P, facilitando la vita al mercato dei contenuti digitali legali.
AGCOM ha ricordato che esistono seri obblighi tecnici e giuridici nelle pratiche di accertamento di illeciti sulla Rete. Limiti come quelli imposti dalle direttive comunitarie, che escludono l’ipotesi di affidare poteri di monitoraggio ai provider . O limiti come quelli sottolineati dai principi a tutela della neutralità della Rete. O della privacy dei cittadini.
E in contrasto con privacy e neutrality sarebbero anche quelle che attualmente sono le misure nella lotta alla pirateria, poco adattabili ad un utilizzo all’interno del mercato residenziale a banda larga. Inoltre, misure tecniche come il port blocking sarebbero facilmente aggirabili da parte degli utenti , ad esempio variando la configurazione di connessione del client P2P relativamente alle porte di rete.
E il content filtering , uno dei metodi più utilizzati per filtrare l’accesso ai contenuti web, sarebbe in contrasto evidente con i principi a tutela della privacy e della net neutrality . Mentre le tecnologie di Deep Packet Inspection , a detta di AGCOM, potrebbero violare – se attuate su larga scala – gli stessi principi di libertà democratica.
L’Autorità si è fatta quindi promotrice della necessità urgente di procedere ad una riformulazione dell’impianto normativo attuale. Una soluzione ipotetica, tra le altre, potrebbe essere quella delle licenze collettive estese . Si tratta di un sistema di adesione volontaria, in virtù del quale gli enti di gestione collettiva negoziano per conto degli aventi diritto la licenza con gli operatori che veicoleranno poi i contenuti digitali su Internet.
AGCOM ha quindi illustrato ciò che sta attualmente accadendo in paesi come la Francia , il Regno Unito e gli Stati Uniti , sottolineando come approcci basati su divieti e repressioni non abbiano ad oggi dimostrato particolare efficacia . Soprattutto in un’ottica di garanzia di una giusta tutela sia degli autori che degli utenti.
Il documento di AGCOM ha poi riportato alcune delle teorie sviluppate dal professore di diritto di Harvard Lawrence Lessig che ha sottolineato l’importanza di conoscere quelli che sono degli aspetti positivi legati al file sharing. Una società non dovrebbe quindi fare a meno dei benefici legati al P2P, non a causa di un atteggiamento che vorrebbe stroncarlo sul nascere.
Mauro Vecchio