Il sondaggio è stato condotto da GlobeScan per la BBC, e ha coinvolto 27 mila intervistati in 26 paesi: per quattro persone su cinque in tutto il Mondo l’accesso a Internet costituirebbe un diritto fondamentale dei cittadini.
In occasione dell’adozione definitiva del Digital Economy Bill , al centro delle polemiche nel Regno Unito, si è ritenuto opportuno avere un dato, anche se solo statistico, circa la considerazione e il valore attribuito dai cittadini a Internet. E per il 79 per cento degli interpellati la connessione dovrebbe avere il rango di diritto fondamentale. Statistica che arriva addirittura all’87 per cento se limitata a coloro che già utilizzano il mezzo.
Per la Finlandia e l’Estonia , per esempio, l’accesso a Internet è già un diritto fondamentale, mentre l’UE ha adottato alcune disposizioni sulla libertà di Internet che stabiliscono in particolare che ogni misura adottata dai Governi e che possa influenzare l’accesso o l’utilizzo di Internet “debba rispettare i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini” ed essere subordinata ad una “procedura equa e imparziale”. Anche gli Stati Uniti, in particolare con il discorso di Hilary Clinton in occasione dello scontro Google-Cina, stanno premendo per innalzare la libertà della Rete a norma del diritto internazionale.
Sulla stessa linea, d’altronde, l’ONU, e in particolare l’organizzazione internazionale che si occupa di telecomunicazioni: “Il diritto a comunicare non può essere ignorato” ha dichiarato Hamadoun Toure, segretario generale dell’ International Telecommunication Union ( ITU ), sottolineando che “Internet è la più potente fonte di informazione mai creata”, a cui i Governi devono guardare come “una infrastruttura di base, come le strade, lo smaltimento rifiuti e l’acqua”.
Il perno del ragionamento di Toure è che “siamo entrati nella società della conoscenza e tutti devono averne accesso per potervi partecipare”. Il principio è quello dell’uguaglianza nelle possibilità. Escludere un cittadino dalla Rete significa, per esempio, togliergli sbocchi, informazione e libertà di aggregazione o espressione.
I risultati del sondaggio, peraltro, si discostano a seconda della provenienza dell’intervistato, in particolare per quanto riguarda le considerazioni circa l’opportunità o meno dell’intervento (e la sua eventuale portata) del Governo nazionale in Internet: opinione che sembra discostarsi notevolmente a seconda della provenienza degli intervistati.
Secondo, per esempio, la gran parte degli internauti sudcoreani (che rappresentano la nazione maggiormente collegata) e nigeriani i governi non dovrebbero mai entrare nelle vicende di Internet. Questo anche se si resta consapevole dei pericoli e delle minacce che si annidano nella Rete, e in particolare la frode e il furto di dati, riconosciuti come principali pericoli. Al contrario di questi paesi, d’altronde, i netizen cinesi e di alcuni paesi europei ritengono che in alcuni casi la regolazione sia necessaria.
In ogni caso la maggior parte riferisce che Internet è ormai uno strumento fondamentale se non indispensabile, per esempio per il 70 per cento degli interpellati in Giappone, Messico e Russia.
Claudio Tamburrino