La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 1 della legge regionale n. 9 emanata dal Piemonte il 26 marzo 2009: la disposizione, nell’ambito delle “Norme in materia di pluralismo informatico, sull’adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilità dei documenti informatici nella pubblica amministrazione”, misconosceva le caratteristiche del software libero, pur affermando di volerne garantire la diffusione.
Le disposizioni regionali, secondo quanto si legge nella sentenza , “violano la competenza statale in materia di tutela della concorrenza (art.117 Cost.), nonché in ordine alla disciplina del diritto d’autore”.
L’articolo 1, comma 3, della legge bocciata disponeva, infatti, che “alla cessione di software libero non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 171-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633”. Non si sarebbero dovute applicare, cioè, le disposizioni della normativa nazionale a protezione del diritto d’autore.
Il legislatore era quindi incappato nell’errore di confondere il software libero con un’assenza di diritti da parte dell’autore , arrivando a ritenere che un ridefinizione delle regole del gioco della proprietà intellettuale come quella effettuata dalle licenze open corrispondesse ad un’assenza di regole, o meglio che lo scopo della diffusione delle idee fosse servita a dovere da una totale deroga al diritto d’autore.
Non riconosceva, in pratica, il valore del fattore virale ( share-alike ) delle licenze di software libero , caratteristica che gli permette di rimanere tale anche nelle sue successive modifiche imponendo l’obbligo di ri-diffusione sotto la medesima licenza, e le altre disposizioni stabilite a sua tutela.
Claudio Tamburrino