Il materiale genetico che la natura ha incapsulato nelle cellule umane è avulso da qualsiasi idea di brevetto, copyright o proprietà intellettuale assortita . Sembrerebbe un’ovvietà da scolaretti, ma negli Stati Uniti è stata necessaria una causa promossa dalle organizzazioni per le libertà civili e la decisione di un giudice di una corte federale di New York per ribadire il concetto. Che ora promette di condizionare – positivamente – l’intera ricerca scientifica e la medicina su base genetica negli USA e non solo.
A dare il là alla storica sentenza una causa promossa da American Civil Liberties Union (ACLU) e Public Patent Foundation contro Myriad Genetics e Ufficio Brevetti americano (USPTO), questi ultimi colpevoli (a dire delle prime due) di aver brevettato tutte le attività connesse ai geni BRCA1 e BRCA2 (in grado di individuare i segni premonitori del cancro al seno e alle ovaie nelle donne), incluse la diagnosi e la ricerca sui pezzetti di amminoacidi di cui è naturalmente dotato il corredo genetico umano.
La pretesa di Myriad Genetics e USPTO viola il diritto fondamentale alla libertà di parola e (conseguentemente) della ricerca scientifica, avevano sostenuto davanti alla corte ACLU e PPF in rappresentanza di pazienti, gruppi organizzati, genetisti e associazioni scientifiche rappresentanti 150mila diversi ricercatori. Scartata la posizione dell’Ufficio Brevetti – già defilatosi in precedenza – e accolta la presentazione dei molti documenti in supporto dell’accusa da parte di tante associazioni medico-scientifiche, la corte ha infine dato ragione ad ACLU e PPF stabilendo che il codice genetico umano non può essere brevettato .
“La sentenza di oggi è una vittoria per la libera circolazione delle idee nella ricerca scientifica” ha dichiarato trionfante l’avvocato di ACLU Chris Hansen. “Il genoma umano – ha continuato Hansen – come la struttura del sangue, l’aria o l’acqua, è stato scoperto, non creato. C’è una quantità illimitata di informazioni sui geni in attesa di ulteriori scoperte, e i brevetti sui geni pongono barriere inaccettabili al libero scambio di idee”.
Invalidati i brevetti sui geni BRCA1 e BRCA2, la decisione del giudice – la prima del suo genere – fissa un precedente di importanza storica con cui dovranno ora fare i conti le altre 2mila “proprietà intellettuali” riguardanti altrettanti geni umani. Chiunque, d’ora in poi, sarebbe autorizzato a contestare l’uso di proprietà intellettuale su componenti già esistenti in natura e la stessa “industria” genetica, che da tempo prospetta di fare affari d’oro sullo sfruttamento delle suddette proprietà intellettuali, perderebbe la sua prima ragion d’essere.
Alfonso Maruccia