USA: la pirateria è tutta da verificare

USA: la pirateria è tutta da verificare

Una ricerca governativa afferma che gli studi finora condotti sulla pirateria sono basati su dati e metodologie non chiari. Insomma, il problema c'è, ma non si sa quanto è grande. E potrebbe avere lati positivi
Una ricerca governativa afferma che gli studi finora condotti sulla pirateria sono basati su dati e metodologie non chiari. Insomma, il problema c'è, ma non si sa quanto è grande. E potrebbe avere lati positivi

Il Government Accountability Office ( GAO ), la sezione investigativa del Congresso degli Stati Uniti, era stata incaricata nell’aprile 2009 di analizzare e quantificare il peso e gli scopi della pirateria, e chiarire in questo modo l’impatto dello sharing online sull’industria dei contenuti. Ma le conclusioni ora riportate non sono univoche nel riconoscere i danni causati dalla pirateria.

Secondo le 32 pagine del rapporto redatto in questo anno di indagini, l’economia statunitense e gli introiti fiscali sono minacciati dalla pirateria (digitale o meno): i prodotti contraffatti possono essere, in alcuni casi, addirittura pericolosi per la salute pubblica o per la sicurezza nazionale, dal momento che il loro commercio potrebbe essere legato a organizzazioni criminali e addirittura ricondurre al terrorismo.

Tuttavia, i dati su cui si basano queste conclusioni, secondo il GAO, non sono attendibili: “Tre dei maggiori studi effettuati dal governo degli Stati Uniti che stimano il danno economico generato dalla contraffazione non sono sostenuti da studi di base”. Problemi vi sarebbero in generale con la metodologia di analisi utilizzata per dimostrare i danni causati all’industria dei contenuti. Addirittura in alcuni casi specifici l’ufficio governativo avrebbe anche trovato dati a supporto della tesi contraria : “alcuni esperti intervistati hanno identificato possibili benefici economici della pirateria e della contraffazione”. In parte per la logica del mercato nero , per cui compenserebbe mancanze e inefficienze dell’economia legale, in parte la considerazione che alcuni comprano beni contraffatti perché non possono permettersi quelli originali (costituisco quindi una spesa altrimenti non possibile da effettuare).

Per quanto riguarda poi nello specifico la pirateria digitale “i contenuti illegali costituiscono in alcuni casi semplici esempi che vengono utilizzati dai consumatori per scegliere un prodotto”, come l’ascolto di un brano per poi rivolgersi al CD originale, e contribuirebbe in questo modo a incentivare gli acquisti .

Insomma gli studi su cui finora si sono basati i calcoli dei danni subiti dai detentori dei diritti non hanno tenuto conto di fattori come la ridistribuzione (e quindi non perdita netta) operata dalla pirateria e ha probabilmente sopravvalutato le perdite.

Così, anche se MPAA ( Motion Picture Association of America ) afferma che “l’analisi del GAO conferma la dilagante diffusione della pirateria”, e minimizza i dubbi avanzati sui dati a conferma di tale tesi affermando che “la stima in termini di dollari è molto complicata”, l’investigazione dell’organo del Congresso non può rappresentare la vittoria attesa da parte dell’industria dei contenuti. GAO arriva addirittura a dire che mancano prove certe del presunto legame tra la crisi economica attraversata (in particolare per il settore dei film e della televisione) e la pirateria.

Ciò non significa, peraltro, che la pirateria e la contraffazione non siano un problema: le conclusioni GAO sottolineano tuttavia che finora si è parlato della questione partendo da basi sbagliate e dati non verificati. E che quindi bisogna effettuare maggiori studi per capire come e quanto la pirateria rechi danni.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il 14 apr 2010
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