A inizio 2008, dopo circa sei mesi dall’uscita del primo iPhone, scrissi un articolo (” Il futuro di Apple in chiave iPhone “) in cui ipotizzavo alcuni possibili scenari di mercato in relazione all’imminente rilascio dell’SDK, nonché all’uscita dei nuovi modelli di iPhone in un numero sempre più ampio di paesi. Allora la situazione era un po’ diversa e si parlava di 4 milioni di iPhone venduti nei primi 6 mesi, mentre oggi si vendono a ritmi di 8-9 milioni a trimestre.
Al di là della bontà o meno delle soluzioni Apple (ogni scelta ha i suoi pro e contro), è innegabile che in questi anni il mercato sia cambiato, ed Apple capì subito quale fosse la strada da seguire: nel gennaio del 2007 , al MacWorld Expo di San Francisco, in occasione della presentazione di iPhone la società di Cupertino cambiò il suo nome da “Apple Computer inc” a “Apple inc”. Da un lato, dopo l’indiscusso successo di iPod e iTunes Music Store (ora solo iTunes Store) si trattava di riconoscere che il business di Apple non era più legato in maniera così esclusiva al mondo dei computer; dall’altro era un modo per far capire che da quel momento in poi gli interessi verso altri settori sarebbero stati sempre più forti.
Dopotutto l’idea di un dispositivo touch aleggiava nei laboratori di Cupertino già da diversi anni: i progetti di un tablet risalgono probabilmente già ai primi anni del 2000, e iPhone deriva da quelle idee che per motivi pratici (potenza e autonomia) non potevano concretizzarsi da subito in un device di dimensioni maggiori.
Oggi siamo giunti ad una situazione quasi estrema: la prima parte dell’anno di Apple è stata quasi completamente dedicata al lancio di iPad (con ottimi risultati, visto che in 80 giorni sono stati venduti 3 milioni di esemplari), e la WWDC del 2010 è stata talmente incentrata sulla nuova versione di iOS (nonché sulla quarta serie di iPhone) che non sono stati nemmeno assegnati i premi per le migliori applicazioni per Mac. Se a tutto questo aggiungiamo che gli aggiornamenti hardware di alcune macchine si susseguono a ritmi sempre più lenti, viene da chiedersi cosa volesse dire Jobs quando, nel corso della conferenza All Things Digital ha dichiarato che “il PC è il passato, il nostro tablet è il futuro”.
Quest’ultima affermazione può essere sicuramente vera finche parliamo dell’utente “consumatore”, il consumatore di news e Internet, quello che controlla continuamente le proprie caselle email e si collega più volte al giorno a Facebook, quello che scandaglia quotidianamente le migliaia di applicazioni presenti sull’AppStore alla ricerca di qualcosa di simpatico da mostrare agli amici, colui che gira sempre con la propria collezione di foto, musica e video in tasca. Con questo non voglio sminuire il ruolo di iPad o iPhone, ma semplicemente trovargli la giusta collocazione: sebbene si tratti di strumenti molto comodi e utili per innumerevoli compiti (potenzialmente anche a livello professionale, in relazione alla professione e alla disponibilità di applicazioni specifiche), è innegabile che lo scopo primario di questi device sia quello di fare da tramite per la fruizione di contenuti, siano essi musica, foto, video, news, internet, giochi, e quant’altro.
Il futuro però non può essere “solo” questo, perché per la realizzazione di questi stessi contenuti servono ben altri strumenti, e la stessa Apple è talmente gelosa dei propri prodotti da porre regole molto restrittive sullo sviluppo delle applicazioni, che devono essere realizzate quasi esclusivamente nel proprio ambiente di sviluppo (Xcode), a sua volta disponibile solo per Mac.
Chi si dedica a pronosticare la fine del Mac a vantaggio della sola produzione di “gadget tecnologici” (cioé iPod, iPhone, e iPad) dovrebbe quantomeno pensare al fatto che senza Mac non potrebbero esistere quelle 200mila applicazioni che (attraverso AppStore) hanno decretato il successo di questi dispositivi. Ma allora perché dall’uscita di Snow Leopard (è passato un anno) non si è più parlato di nuove versioni di Mac OS X? E perché l’ultimo update dei Mac Pro risale ormai a 15 mesi fa (marzo 2009)? Difficile dare una risposta a queste domande, ma si può provare a fare qualche ipotesi partendo da alcuni fatti concreti, senza per questo voler giustificare alcuni comportamenti che per certi versi possono essere discutibili.
Partiamo da Mac OS X. Premesso che, come facilmente immaginabile, la versione 10.7 di Mac OS X è senz’ombra di dubbio in fase di sviluppo già da diverso tempo (e la si può rintracciare , per esempio, nei log di qualche sito web), e premesso che girano voci sulle intenzioni di Apple di tenere due diverse WWDC, una dedicata a iOS e una dedicata a Mac OS X, ci sarebbe da chiedersi come mai Apple non abbia svelato ancora nulla sul futuro di questo sistema operativo. Le ipotesi sono due: la prima, quella pessimista, vede Apple in terribile ritardo sullo sviluppo (plausibile visto che gli sforzi si sono concentrati in altre direzioni); la seconda, quella ottimista, vede Apple in procinto di grossi cambiamenti anche in OS X (come chiese lo stesso Jobs dopo il rilascio di Snow Leopard), con conseguente richiesta di massima segretezza, anche a scapito di attirare l’attenzione altrove con altre fughe di notizie (vedi lo scoop di Gizmodo ).
Tra le varie possibilità, viste le dichiarazioni di Jobs, qualcuno ha anche avanzato l’idea che si possa arrivare ad una sorta di unione dei due sistemi, possibilità che (semmai dovesse verificarsi) a mio avviso è ancora lontana dall’essere concreta: a meno di intendere questa “unione” come uno scambio reciproco di alcune caratteristiche, o la possibilità che Mac OS X possa far girare le applicazioni per iOS in una sorta di “layer” richiamabile al bisogno, simile all’attuale Dashboard. Dopotutto le basi del sistema operativo sono le stesse, e Xcode già prevede la possibilità di testare le applicazioni per iOS: se ci aggiungete il fatto che, con l’iPad e il nuovo iPhone, la risoluzione dello schermo si avvicina a quella di un normale computer, l’ipotesi non è poi così fantasiosa.
Al di là di questo, più che su un normale computer, il vantaggio di una simile scelta potrebbe essere più evidente per un’eventuale nuova release di Apple TV: la possibilità di far girare i giochi per iPad su un televisore, trasformerebbe il media center di Cupertino in una possibile alternativa alle altre console, col vantaggio di avere già da subito un enorme catalogo di giochi (ma anche altre applicazioni) a prezzi contenuti. Oltre a conquistare una folta schiera di giocatori casuali, questa possibilità renderebbe appetibile Apple TV a tutti quelli che hanno già acquistato iPhone, iPod Touch, iPad, e relative applicazioni su iTunes.
Restando in ambito hardware, e riallacciandomi al tema principale di questo articolo, l’altra questione riguardava i lunghi tempi di aggiornamento delle macchine. Qui il discorso può assumere diverse sfaccettature, ma se guardiamo al nuovo Mac mini , che molti davano per spacciato e che invece è stato completamente riprogettato , viene difficile pensare che Apple voglia dismettere il settore computer; anche riguardo iMac e portatili non si può certo dire che gli aggiornamenti (e i miglioramenti) siano mancati. D’altro canto è innegabile che le macchine professionali sembrano godere di attenzioni sempre minori, anche se l’attenzione di Apple verso i professionisti (o, perlomeno, verso certi tipi di professioni) sembra essere confermata dal lato software con lo sviluppo di applicazioni quali Final Cut (del quale si attende a breve un aggiornamento), Logic Studio, o Aperture.
Anche qui i casi sono due: o Apple, in base a ricerche di mercato, ritiene superfluo aggiornare troppo frequentemente questa fascia di prodotti (ma allora dovrebbe quantomeno aggiornare i prezzi, perché il valore odierno non può essere quello di 15 mesi fa), oppure è allo studio una riprogettazione dei Mac Pro (le macchine attuali sono sostanzialmente identiche a quelle che utilizzavano i processori G5) che verrà svelata prossimamente. Si spera non troppo in là.
Domenico Galimberti
blog puce72
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