Se violare le condizioni d'uso non è reato

Se violare le condizioni d'uso non è reato

Assolto l'aggregatore social Power.com: non avrebbe commesso un crimine informatico nell'accedere ai dati degli utenti di Facebook. Ma la start-up brasiliana potrebbe rischiare per l'aggiramento del blocco degli indirizzi IP
Assolto l'aggregatore social Power.com: non avrebbe commesso un crimine informatico nell'accedere ai dati degli utenti di Facebook. Ma la start-up brasiliana potrebbe rischiare per l'aggiramento del blocco degli indirizzi IP

Un lungo documento scritto nel più classico legalese, che ha di recente illustrato l’ultima decisione di un giudice californiano. Facebook, in estrema sintesi, non avrebbe intrapreso alcuna pratica anti-competitiva , né si sarebbe comportato come uno spietato monopolista.

Il sito in blu è stato dunque scagionato, nello specifico dalle accuse dell’aggregatore brasiliano Power.com , che aveva iniziato ad operare come un portale da cui raggiungere i principali siti social attuali. Facebook aveva inizialmente puntato il dito contro la start-up verdeoro: Power.com usava i dati d’accesso senza autorizzazione , mostrando agli utenti materiale tutelato da copyright.

Ma Steve Vachani, allora CEO di Power, si era poi rivolto ad un tribunale della California, definendo l’operato del social network come concorrenza sleale, sottolineando come i dati non appartenessero a Facebook bensì all’utente. Il sito di Mark Zuckerberg non ha tuttavia violato i principi sanciti dalla seconda sezione dello Sherman Antitrust Act , almeno secondo l’opinione del giudice a stelle e strisce.

Rob Pollock, attuale CEO di Power, ha però parlato di una soddisfacente vittoria, per la sua azienda come per tutti i cittadini della Rete. Perché? Nel testo della sua sentenza il giudice californiano ha infatti sottolineato come la start-up brasiliana non sia da condannare per aver violato i termini di servizio del sito in blu , come inizialmente sostenuto dai vertici legali di Facebook.

Che avevano infatti gridato ad una violazione della sezione 502 del codice penale californiano, dopo che Power aveva avuto accesso ai suoi dati senza autorizzazione. “La decisione di ieri ha confermato almeno due principi centrali per Power – ha spiegato Rob Pollock – Innanzitutto, che gli utenti abbiano possesso e controllo dei propri dati. In seguito, che ignorare le condizioni d’uso di Facebook non sia un’attività da punire in base alle leggi sui crimini informatici”.

Soddisfatti i rappresentanti di Electronic Frontier Foundation (EFF), che hanno sottolineato come si tratti di una nuova decisione favorevole per gli utenti. Ma Power potrebbe rischiare lo stesso, nello specifico aggirando quelle misure messe in atto dal sito in blu per bloccare le richieste d’accesso da parte dei vari indirizzi IP facenti capo agli utenti di Power.

Facebook aveva infatti accusato l’aggregatore brasiliano di aver modificato gli indirizzi IP dei suoi utenti per riuscire ad eludere la sorveglianza del sito in blu. Questa violazione, secondo il giudice, potrebbe costare cara a Power, dal momento che si tratta di un vero e proprio aggiramento di una tecnologia imposta da un sito web. Anche solo per rispettare le condizioni d’uso.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
22 lug 2010
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