Piccoli intoppi sul programma del Ministero del Lavoro per la soluzione definitiva al problema del terrorismo sui voli in partenza dall’Italia: il programma di sperimentazione dei body scanner, cui hanno aderito gli aeroporti di Venezia, Roma Fiumicino, Milano Malpensa e Palermo, e per cui sono già stati stanziati 2 milioni di euro , sembra dare prime risposte se non del tutto negative, quantomeno contraddittorie.
L’uso del body scanner, infatti, avviato allo scalo di Venezia da marzo, è stato già sospeso su decisione della direzione ENAC (l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) che ha così voluto manifestare il proprio dissenso nei confronti di uno strumento che non stava dando i frutti sperati.
Due gli apparecchi utilizzati al Marco Polo: uno mobile (costato 38mila euro) e uno fisso (costato 60mila euro) montato ai controlli per i voli verso gli Stati Uniti. Secondo gli addetti il problema di questi strumenti è la resa dell’immagine del passeggero controllato, non sufficientemente netta per permettere un alto livello di vigilanza. Per settembre si attende ora una loro modifica, quantomeno a livello software, per proseguire la sperimentazione.
Gli apparecchi montati in laguna sono uguali a quelli con cui la sperimentazione è partita all’aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo lo scorso 30 luglio e che si concluderà ad ottobre: body scanner a ultrasuoni, che funzionano cioè senza irraggiamento, ma che rilevano le onde millimetriche emesse naturalmente dal corpo umano. Scelti apposta perché presentano rischi zero per salute e privacy, l’immagine restituita risulta stilizzata, e non mostra, per esempio, le parti intime.
Diversi, invece, gli apparecchi impiegati a Milano Malpensa e a Roma Fiumicino: a onde elettromagnetiche attive (mentre quelli di Palermo e Venezia vengono definiti strumenti “passivi”), più sofisticati e più costosi (costano 120mila euro l’uno), sono prodotti dalle statunitensi General Electric e L3 Communication .
Anche presso la Capitale, tuttavia, la sperimentazione è già stata messa da parte : l’unico macchinario messo a disposizione dell’aeroporto Leonardo da Vinci è stato spento e rimosso il 21 maggio , neanche due mesi e mezzo dall’inizio della sperimentazione, e gli addetti al controllo del Terminal 5, quello riservato ai passeggeri in partenza con voli considerati a rischio terrorismo e definiti “sensibili”, sono tornati ai controlli tradizionali: metal detector e apparecchi a raggi X per le valigie.
Pietro Mastrangelo, responsabile dell’addestramento di sicurezza di Aeroporti di Roma, parla di una questione burocratica più che tecnica: “Terminata la sperimentazione nessuno ha saputo più nulla. Comunque il body scanner è sicuramente un ottimo apparecchio che in soli tre secondi è in grado di rilevare oggetti pericolosi ed esplosivi”. Gli addetti alla sicurezza, tuttavia, hanno espresso commenti meno entusiastici: “Ci vogliono almeno dieci secondi a passeggero per i controlli. E se si muove il body scanner va in tilt e segnala l’intera figura come pericolosa. Se il turista è sovrappeso lo stesso”.
A fine settembre, afferma ENAC, è prevista la riunione del CISA, il comitato interministeriale per la sicurezza: ad esso spetterà il compito “di valutare quale tra le macchine impiegate a Venezia, Malpensa, Fiumicino e Palermo è più adatta a rilevare oggetti pericolosi nel minor tempo possibile”. E decidere, di conseguenza, quali macchinari acquistare . Dal momento che la sperimentazione di Palermo si concluderà in ottobre è più plausibile, tuttavia, che eventuali decisioni siano prese ad ottobre: allora verranno pure valutate, ha dichiarato il Ministro degli Interni Maroni, le eventuali modifiche da apportare a tutela della privacy dei viaggiatori .
Intanto non cessa di essere d’attualità il dibattito sui rischi per la salute: Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori di Aviano ( riprendendo i dubbi dei colleghi statunitensi dove la questione, per una dotazione più estesa di body scanner e il numero di frequent flyer è vissuta più intensamente) ha dichiarato che “non si possono escludere danni dalle radiazioni soprattutto per chi viaggia molto”.
Claudio Tamburrino