Sony l’avrà anche avuta vinta contro PSJailbreak nei tribunali australiani , avrà anche la legge dalla sua quando si parla di rimozione di funzionalità “pro-pirateria” come quella per installarci sopra Linux, ma nulla potrà contro la futura inondazione in rete di quello che a Tokyo più temono: vale a dire il codice sorgente utile a eseguire il jailbreak della PS3.
Lungi dal restare un semplice caso giudiziario limitato alla regione australiana e a pennette USB vendute come prodotti commerciali, il software che ha il merito di aver aperto l’era dello sviluppo homebrew (e della pirateria diffusa a livello di massa) per PS3 ha cominciato inevitabilmente a circolare online , con tutte le conseguenze che la cosa comporta.
Per “sbloccare” la PlayStation 3 ed eseguire codice non autenticato occorre installare il codice su un microcontroller USB usato per lo sviluppo software, un prodotto dal costo di 30 dollari o anche meno. Basta poi collegare il dispositivo alla console e il gioco è fatto: l’utente ha ora a disposizione una potente macchina videoludica potenzialmente in grado di fare molto altro oltre alla “semplice” esecuzioni di dischetti BD commerciali certificati e autorizzati da Sony.
Il software per il jailbreak di PS3 non permette al momento di caricare le ISO di “backup” dei giochi, ma visto l’evidente interesse per questa funzionalità da parte di hacker, “pirati” telematici e contraffattori è prevedibile la sua attivazione nello spazio di poco tempo.
Il genio è fuori dalla lampada, i coder più capaci avranno tutto il tempo di correggere i difetti di gioventù dell’hack (e di ricercarne evidentemente molti altri) e a Sony purtroppo non resta che constatare come anche il suo ultimo gioiello tecnologico sia destinato a fare la “fine” delle precedenti PlayStation inclusa la “piccola” PSP: circolazione incontrollata di software fatto in casa, utilizzo “non ortodosso” dell’hardware e delle sue funzionalità.
Alfonso Maruccia