NetStArt/ Burning Man: comunità come imprese di rete

NetStArt/ Burning Man: comunità come imprese di rete

di T. Bazzichelli - Dalla controcultura all'economia delle reti. Passando per un festival che culmina nel rogo di un enorme fantoccio, un caos organizzato dall'alto frequentato dal popolo della Silicon Valley
di T. Bazzichelli - Dalla controcultura all'economia delle reti. Passando per un festival che culmina nel rogo di un enorme fantoccio, un caos organizzato dall'alto frequentato dal popolo della Silicon Valley

In California proliferano da diversi anni forme alternative di business in cui la formazione di comunità gioca un ruolo di primo piano, soprattutto nella Silicon Valley e nella Bay Area. Nel suo libro From Counterculture to Cyberculture Fred Turner racconta l’ascesa della cybercultura in California, partendo dallo scenario post-war dei primi anni Sessanta e descrivendo la creazione del Whole Earth Network ad opera di Stewart Brand, network da cui è nata una delle prime comunità virtuali: The WELL – e in seguito, la rivista Wired . Whole Earth Catalog Fra il 1968 e il 1998, Stewart Brand ha cercato di unire due mondi apparentemente diversi: la controcultura del movimento hippy e l’immaginario dei cosiddetti enterpreneur (imprenditori) che stava proliferando a livello tecnologico nella Silicon Valley. Il libro ci dimostra che questi due emisferi, visti spesso in opposizione nel nostro paese, in California hanno invece condiviso radici e obiettivi, evidenti nel progetto di rete Whole Earth Catalog , in cui Brand fece confluire tutte le imprese nascenti o già avviate della Bay Area. Qui tecnologia, passione per i computer, ma anche controcultura e utopie radicali vanno a far parte della stessa storia, condivisa attraverso un catalogo di nomi, indirizzi e contatti. In quegli anni i computer sono visti come un veicolo di liberazione personale, ma anche come lo strumento per creare comunità, ed esplorare nuovi mercati: per questo, come si legge nell’introduzione del libro di Turner, “gettando luce sulla formazione della cultura di rete, la distanza tra i Grateful Dead e Google, tra Ken Kesey e il computer stesso, non è così grande come si potrebbe pensare”.

L’anno scorso sono partita per la California cercando di seguire queste tracce, chiedendomi che fine avesse fatto la cultura hacker e la controcultura californiana, in uno scenario in cui comunità digitali, networking e condivisione sono diventati il lessico normale di molte start-up, definite sin dal 2004 con l’appellativo Web 2.0 . Tessendo la rete di pratiche e persone, mi sono imbattuta nel festival Burning Man . Il festival ha una storia lunga trenta anni, la sua nascita coincide con lo sviluppo della cybercultura, quindi lo collocavo in una scena ormai lontana per pratiche e ideali. Invece, mi sono resa conto che la sua presenza è ancora molto considerata in Califonia, e soprattutto è il punto di partenza in cui trovare segni evidenti del filo conduttore che dalla controcultura porta all’economia delle reti e alla trasformazione della logica di networking in una logica di business (si veda il documentario Dust & Illusions di Olivier Bonin, 2009).

Burning Man è organizzato ogni anno dal 1990 nel Black Rock Desert (Nevada, California). Dal 1997 è amministrato e organizzato dalla società Black Rock City LLC, la quale deve molto all’attività di alcuni gruppi artistici underground presenti a San Francisco e dintorni dalla fine degli anni Settanta e per tutti gli anni Ottanta: il Suicide Club e la Cacophony Society (Brian Doherty, 2004). L’attività del Suicide Club e della Cacophony Society si ricollega strettamente alla pratica artistica della defamiliarizzazione (da Viktor Shklovsky al Surrealismo), trasformando lo spazio urbano in un territorio di sperimentazione artistica, organizzando pranks , azioni collettive, giochi identitari e performance. Suicide Club Suicide Club è nato come un’organizzazione artistica segreta, influenzata direttamente dalle pratiche surrealiste e dadaiste, fondato da cinque persone, fra cui Gary Warne. Il Suicide Club metteva in atto esperienze “sinestetiche”, come Warne le definisce, che permettessero di vivere concretamente la trama di un film o mettere in pratica collettivamente una fantasia individuale. Per esempio, si decideva di vivere in gruppo l’esperienza di scalare il ponte Golden Gate di San Francisco durante una giornata piena di nebbia, oppure di girare nudi all’interno dei tram della città. Alcuni membri del Suicide Club nel 1986 diedero vita ad un altro network: Cacophony Society, questa volta più aperto e con una vera e propria newsletter di coordinamento. Una delle azioni più conosciute della Cacophony è ancora oggi il Santarchy Event , una serie di pranks e interventi nella città organizzati ogni dicembre da centinaia di personaggi vestiti da Babbo Natale, come si legge nel libro Pranks 2 edito da V. Vale (RE/Search, 2006).

Ho incontrato per un’intervista John Law, uno dei fondatori della Cacophony Society e del primo Burning Man, e ha definito la loro attività come Surreal Tourism (turismo surreale) dato che, come un cut-up di William Burroughs, permetteva di vedere la realtà con occhi completamente diversi, ricombinandola e giocando con le sue gerarchie. Nel 1990 John Law e Michael Mikel organizzarono uno dei così definiti “Zone-Trips” della Cacophony Society nel deserto del Nevada, chiamandolo A Bad Day at Black Rock . Questo evento ha segnato la nascita del festival Burning Man, che dal 1986 si teneva invece presso Baker Beach a San Francisco, molto legato alla scena della performance art locale. Dal quel momento e fino ad oggi il Festival avviene a Black Rock City, una città allestita temporaneamente nel deserto del Nord Nevada, e circa 50mila persone si riuniscono per celebrare una settimana di “liberazione artistica”, fra performance, creazione di istallazioni, grosse sculture, musica elettronica, happening, cross-dressing , e ovviamente divertimento, nella playa del deserto. L’evento si conclude incendiando un grande fantoccio di legno il sabato sera (il burning man) e dando fuoco a tutte le altre installazioni, senza lasciare tracce. Burning Man è spesso descritto come un esperimento di comunità ed espressione radicale del sé, ma di fatto dal 1997 viene amministrato ed organizzato da una società for profit, i cui profitti sono decisamente alti, considerando che per partecipare si pagano individualmente dai 200 ai 300 dollari (dipende quando ci si procura il biglietto).
Nella playa i soldi non sono ammessi, si può comprare solo il caffè, e la sopravvivenza avviene a proprie spese o attraverso lo scambio di beni: ogni accampamento è a tema, e per esempio il gruppo che produce limonate può scambiarle con chi cucina fagioli e cosi via.

Se si riflette con uno sguardo critico, la struttura e organizzazione di Burning Man diviene interessante proprio per il discorso di sopra. Il festival Burning Man è diventato nel corso degli anni un’impresa di rete e ricalca perfettamente la logica dei commons , o dei social network. L’organizzazione è centralizzata, come lo sono per esempio i server di Facebook, chi amministra l’impresa guadagna dei profitti molto alti, e l’esistenza della comunità è garantita dalla condivisione e dallo scambio gratuito di beni. Black Rock City è una città con regole specifiche e una sua economia, una sorta di experience economy , ricollegandosi alla definizione data da Joseph Pine and James H. Gilmore (1999). John Law sostiene che Burning Man è diventato un “caos organizzato centralmente” in cui il “man”, bruciato alla fine del Festival, viene collocato al centro della città e guarda i suoi abitanti dall’alto (si veda il grafico della pianta di Black Rock City). Struttura molto diversa dal primo Burning Man a Baker Beach, quando l’uomo di legno veniva issato collettivamente dai burner e posizionato allo stesso livello dei partecipanti.

pianta Black Rock City

Burning Man, da un ritrovo spontaneo strettamente collegato alle culture di avanguardia di San Francisco, si è trasformato in un evento gestito dall’alto, organizzato da un’impresa: questo passaggio ben rappresenta la trasformazione delle comunità di rete, dal fare network come forma d’arte al modello centralizzato di creazione di reti del Web 2.0. Piattaforme di social networking come Facebook, MySpace, Twitter ecc. sono ormai un modello di successo per connettere gli utenti in rete, ma sono anche la trasformazione in chiave proprietaria di molte istanze libertarie del primo Internet, e delle utopie cyber che ho descritto all’inizio dell’articolo.

Sempre Fred Turner nel 2009 ha scritto il saggio “Burning Man at Google: A Cultural Infrastructure for New Media Production” (scaricabile da qui ), esplorando come il mondo bohémienne di Burning Man supporti paradossalmente nuove forme di produzione emergenti nella Silicon Valley, e in particolare Google. L’idea di creare una comunità socio-tecnologica, la partecipazione collettiva nell’ideazione e costruzione di tecnologie, progetti ed eventi, la fusione fra contesto personale e professionale, vengono visti come elementi fondamentali per plasmare un immaginario, e rendere legittimi la creazione di imprese di rete e il modello economico di crescita di Google e altri. Nel 2006, per esempio, Black Rock City LLC ha iniziato insieme a Google lo sviluppo di Burning Man Earth , la versione di Google Earth riadattata alla città temporanea nel deserto del Nevada. La cosa non sorprende, considerando che i co-fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin, sono burner fin dai primi anni del Burning Man. Si racconta anche che nel 1999 i fondatori di Google abbiano chiuso l’azienda per una settimana, stimolando gli impiegati ad andare al festival. Burning Man diventa quindi non solo un’occasione di liberazione e di networking, ma anche, e soprattutto, di business, considerando che vi si ritrovano molti imprenditori della Silicon Valley.

Questa dialettica tra imprese di rete e controcultura mostra ancora una volta che l’arte del networking è oggi strettamente connessa con l’uso di piattaforme commerciali e, pertanto, sta cambiando il senso di collaborazione e di arte stessa. Viene da chiedersi se sia ancora possibile parlare di “controcultura”, quando l’idea di scambio e condivisione è ormai diventata uno dei motti del business Web 2.0. La storia della controcultura in California ci dimostra anche che la dialettica degli opposti è una strategia sempre più difficilmente applicabile: l’idea di perturbare con azioni diffuse e pratiche molteplici si fa forse più consona, come risposta critica a un mercato sempre più pervasivo e fluido.

Tatiana Bazzichelli
www.tatianabazzichelli.com
networkingart.eu

Fonte immagini:
Whole Earth Catalog
Cable Car Suicide Club
extramatic/James Addison, Burning Man 2008 Black Rock City Map American Dream

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Pubblicato il
13 ott 2010
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