Contrappunti/ Brunetta e la banda negata

Contrappunti/ Brunetta e la banda negata

di M. Mantellini - Cosa accadrà nella Rete italiana da qui a 10 anni è materia da chiromante. Il compito del Governo, e delle istituzioni, deve essere quello di offrire ai cittadini una chance con la banda larga
di M. Mantellini - Cosa accadrà nella Rete italiana da qui a 10 anni è materia da chiromante. Il compito del Governo, e delle istituzioni, deve essere quello di offrire ai cittadini una chance con la banda larga

Il Ministro Renato Brunetta ha dichiarato qualche giorno fa che “È inutile pensare agli 800 milioni che mancano per la banda larga in Italia quando il suo livello attuale di utilizzo è inferiore al 50 per cento”. Dimenticando i tanti proclami al riguardo della imminente disponibilità di quegli stessi denari, puntualmente smentiti dai fatti, Brunetta, in uno schema logico al quale la classe politica di questo paese ci ha da tempo abituati, ha scelto di parcheggiare il tema in discussione dentro le tranquille paludi del peggiore benaltrismo . Così quando si parla di banda larga non si discute più, come sarebbe necessario, dell’immobilità di un governo sordo ad ogni sviluppo tecnologico, ma ci si rivolge invece alla pochezza dei cittadini che non apprezzerebbero abbastanza la tecnologia.

Si trattasse solo del rimbrotto del padre premuroso che osserva il figlio preferire il pallone agli scacchi, saremmo ancora dentro una dinamica accettabile. Purtroppo la frase del Ministro è semplicemente una frase interlocutoria, una scusa dialettica organizzata alla bell’e meglio, visto che gli 800 milioni di cui si parla, nel frattempo scomparsi come neve al sole , sarebbero serviti a portare la banda larga in quelle aree del paese che ancora non sono coperte dal servizio e non a supportare con soldi a fondo perduto l’allergia degli italiani alla tecnologia. Quello del Ministro è insomma un processo alle intenzioni di cittadini che da anni attendono una collegamento stabile e veloce alla rete all’interno delle loro case.

Focalizzare l’attenzione sulle modalità di impegno delle apparecchiature tecnologiche è poi un tema sostanzialmente industriale. È in fondo quello che fa Telecom Italia quando decide quali e quante aree del paese valga la pena coprire con i propri servizi di Internet veloce. È, per esempio, la scommessa di Vodafone che, sulla copertura delle aree svantaggiate, ha recentemente impostato un importante progetto. Si tratta di valutazioni economiche sulla opportunità di investire denaro in questa o quella località che sono ovvie per una telco ma che suonano stridenti nella bocca di un Ministro della Repubblica, il cui datore di lavoro, in estrema sintesi, è il cittadino del comune di montagna senza ADSL. A questo cittadino il Ministro risponde raccontandogli di come le analisi di utilizzo della Rete nelle grandi città sconsiglino di portare il servizio fino a casa sua. L’esatto opposto del suo compito istituzionale.

Esiste poi una terza ragione per cui le parole del Ministro dell’Innovazione sono fuori luogo. Gli utilizzi e la comprensione della Rete non si misurano con la bilancia. Per la semplice ragione che non è proprio possibile farlo, non esiste un piatto abbastanza grande sul quale appoggiarli. E sono oltretutto anche difficilissimi da immaginare. In questo la miopia di Brunetta ha qualche parentela con le frequenti esitazioni degli operatori delle telecomunicazioni: uno degli scopi principali dell’innovazione non è quello di soddisfare esigenze note della propria clientela, ma piuttosto quello di costruire l’ambiente perché i cittadini e le aziende ne possano autonomamente immaginare di nuove.

Molti autorevoli tecnologi italiani, di cui non farò il nome, continuano ancora oggi a sostenere, supportando lo stesso armamentario logico da cui esce la frase di Renato Brunetta, che la rete ad alta velocità non servirebbe poi tanto al Paese visto che la gran parte delle attività che noi assegniamo al trasporto di bit su Internet oggi sono già egregiamente supportate dalla rete esistente.

Chiunque di voi abbia sperimentato anni fa il passaggio dai collegamenti Internet dial-up a quelli a larga banda sa perfettamente che una simile speculazione tecnologica è probabilmente sbagliata. Molti degli utilizzi della Rete che oggi ci sembrano normali, nell’epoca della banda larga, non erano per nulla immaginabili dieci anni fa quando iniziammo a utilizzare collegamenti che non dipendevano, per esempio, dal tempo di connessione. Lo stesso accadrà verosimilmente quando e se passeremo a reti ultrabroaband.

Investire sulla Rete significa oggi anche investire sulle capacità creative dei suoi milioni di utilizzatori, le cui potenzialità in termini di progetto dell’innovazione sono infinitamente superiore a quelle di qualsiasi esperto. E anche di qualsiasi Ministro dell’Innovazione che, per mimetizzare la perdurante allergia del governo allo sviluppo delle reti, sposta il tema dalla banda larga a quello della mente stretta dei suoi utilizzatori.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
25 ott 2010
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