The Huffington Post è al centro di una class action depositata da un gruppo di blogger che l’accusa di trattamento scorretto.
AOL aveva comprato HuffPost a febbraio , individuando nel suo direttore e fondatore, Arianna Huffington, la persona giusta per dare una linea editoriale al proprio circuito. Tuttavia, dopo il traguardo dei profitti positivi ad appena cinque anni dalla sua fondazione, deve affrontare una causa potenzialmente molto problematica, non solo per le conseguenze legali, ma anche per l’immagine del sito che ha fatto un suo punto di forza della collaborazione con il blogger e dell’avere alcune funzione da aggregatore di notizie.
La class action, capitanata dal giornalista freelance Jonathan Tasini, se la prende in particolare con Arianna Huffington, la responsabile, si legge, del comportamento scorretto riservato ai blogger cui era offerta la possibilità di pubblicare i loro lavori senza remunerazione, ma con in cambio solo visibilità . Un’offerta da prendere o lasciare che sembra sproporzionata soprattutto rispetto alla valutazione milionaria del sito appena passato a AOL.
“I blogger dell’Huffington sono stati di fatto trasformati – dice Tasini – in schiavi moderni da Arianna Huffington”.
E adesso chiedono un risarcimento da 105 milioni di dollari. Una cifra che sarebbe proporzionata alla transazione che ha portato la piattaforma a cambiare proprietario e ai 9 mila blogger impiegati per il suo successo.
Tasini è lo stesso freelance che più di dieci anni fa denunciò il New York Times ottenendo dalla Corte Suprema un pronunciamento a tutela dei diritti d’autore dei freelance online.
AOL, chiamata in causa come co-imputato in quanto nuovo proprietario, ha definito la denuncia “completamente senza fondamento”. Stessa considerazione ha espresso HuffPost in un comunicato in cui ha ribadito il concetto di visibilità preziosa: “I nostri blogger utilizzano la nostra piattaforma per assicurare la diffusione delle proprie idee e moltiplicarne le visualizzazioni. La usano proprio come fanno centinaia di persona che partecipano agli show televisivi, per raggiungere il più ampio pubblico possibile”.
Questo scambio visibilità/spazio, incalza il sito, sarebbe la base organizzativa di numerose altre aziende che operano nel settore dei media. Un modello , insomma. Che ora se la deve vedere con Tasini e con la sua vis battagliera : “Se vogliamo avere una società con una cultura diversificata e viva, dobbiamo assicurarci che le persone che creano contenuti, che siano parole, immagini, disegni o fotografie, siano compensate adeguatamente”.
Intanto, l’accoppiata AOL/Huffington Post ha deciso di chiudere i battenti di uno dei blog associati al suo circuito: Download Squad , il quale era riconosciuto come uno dei migliori nella recensione software .
Claudio Tamburrino