Pesaro, acaro di casa mia

Pesaro, acaro di casa mia

Storia di ordinario cracking dalla provincia italiana. La riviera romagnola diventa teatro di una singolare vicenda di password e account rubati
Storia di ordinario cracking dalla provincia italiana. La riviera romagnola diventa teatro di una singolare vicenda di password e account rubati

Più che al cyberpunk lo scenario della notizia sembra riportare alla commedia all’italiana: la provincia riminese, un marchigiano di 50 anni con la licenza elementare ma una propensione per l’hacking e il controllo di amici e fidanzata.

Il protagonista della vicenda è uno smanettone di Pesaro che non mirava ai computer di sconosciuti con raffinate tecniche di social engineering, ma si limitava a farsi invitare dal proprietario del PC in qualità di amico con competenze informatiche per risolvere i quotidiani problemi che un normale utente può incontrare. Faceva tutto questo apparentemente senza chiedere nulla in cambio: in realtà approfittava del tempo concessogli al computer per infettarlo con virus e malware con cui poi rubava dati e password e prendeva il controllo del terminale . Si trattava, insomma, del classico amico smanettone che offriva consulenza pro bono agli amici in difficoltà, ma che alla fine si è rivelato come il più infido dei consulenti.

Denunciato a piede libero, del 50enne ritenuto dalla polizia responsabile di cracking ai danni di amici e conoscenti si racconta adesso come del classico genio autodidatta, fermo alle elementari coi titoli di studio, ma appassionato di informatica. Le indagini nei suoi confronti sono partite in seguito alla denuncia di una 35enne di Rimini che non riusciva più ad accedere alla sua pagina Facebook , nonostante il corretto inserimento della password. A quel punto i tecnici della Polizia Postale hanno scoperto che sul computer della donna vi era un programma in grado di cambiare la password ogni volta che questa veniva sostituita dall’utente: ogni volta che la polizia risaliva alla password e cercava di impostarne una nuova, dunque, questa veniva sostituita costringendo gli agenti a ripartire da capo.

Il profilo della donna, hanno poi scoperto, era utilizzato per diffondere altro malware: nel link “Le mie foto” era nascosto un keylogger in grado di rubare i dati degli utenti che vi cliccavano e attraverso cui l’uomo, se l’utente caduto in trappola era così sfortunato da iniziare a digitare le proprie password, prendeva il controllo del computer incappato nella trappola.

Il cracker, peraltro, si è praticamente smascherato da solo: quando il figlio della donna, sapendo la madre offline, l’ha vista comparire sulla chat di Facebook, gli ha chiesto chi fosse. Ricevendo una risposta da brividi: “Non ti preoccupare, tocca anche a te…”.

È toccato tuttavia prima allo smanettone: le Forze dell’ordine sono riuscite a risalire dai log agli indirizzi IP impiegati dall’uomo e così hanno ottenuto il mandato e fatto irruzione in casa sua. La sorpresa, tuttavia, ancora una volta è stata per la donna vittima del cracking, dal momento che l’uomo nero nascosto dietro il suo profilo non era altro che un amico da lei stessa chiamato per risolvere i problemi con il PC .

Secondo l’ordinamento italiano l’uomo, indagato, dovrà rispondere di sostituzione di persona (art. 494 c.p.), violazione di corrispondenza (art. 616 c.p.) e di diversi reati informatici: accesso abusivo a sistema informatico (art. 615 ter c.p.); detenzione abusiva di codici di accesso a sistema informatico (art. 615 quater c.p.); interruzione ed impedimento di comunicazioni telematiche (art. 617 quater); danneggiamento di informazioni dati e programmi informatici (art. 635 bis c.p.).

Nel materiale sequestrato all’uomo anche il codice di sicurezza della carta di credito della fidanzata, programmi di phishing e un account che gli agenti ritengono utilizzato per fini di cracking . L’uomo si è per il momento giustificato affermando che era iniziato tutto per gioco e che non era altro che una sfida con se stesso e che gli amici erano utilizzati solo per testare il funzionamento dei programmi.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
13 mag 2011
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