Australia, la studentessa ai raggi-X

Australia, la studentessa ai raggi-X

Una giovane ricercatrice australiana fornisce un importante contributo sperimentale alle teorie scientifiche sulla distribuzione della massa nell'universo conosciuto. Un primo passo verso la materia oscura?
Una giovane ricercatrice australiana fornisce un importante contributo sperimentale alle teorie scientifiche sulla distribuzione della massa nell'universo conosciuto. Un primo passo verso la materia oscura?

Amelia Fraser-McKelvie ha solo 22 anni, ma è già riuscita a mettere il suo nome su una rivista scientifica. Studentessa laureanda di ingegneria aerospaziale presso la Monash School of Physics , la studentessa australiana ha contribuito a quantificare la presenza di materia nei cosiddetti “filamenti” che uniscono galassie e strutture dell’Universo conosciuto.

La teoria sin qui accettata prevede che per avere la forma che è possibile osservare al momento, l’universo dovrebbe contenere una quantità di massa doppia rispetto a quella osservabile. La maggior parte di questa massa sarebbe organizzata in “filamenti” cosmici di natura extra-galattica, sovrastrutture dalle dimensioni ciclopiche formate principalmente da barioni , protoni, neutroni e altri elementi osservabili della materia.

La teoria dice ancora che i filamenti di massa mancante dovrebbero essere caratterizzati da una bassa densità ma da alte temperature, intercettabili attraverso una scansione sullo spettro elettromagnetico dei raggi-X. Il lavoro della giovane Fraser-McKelvie si è appunto concentrato sulle “proprietà osservabili” di questi filamenti, migliorando sensibilmente la rilevazione di materia tradizionale al loro interno . Nessuna traccia di materia oscura, ma un progresso interessante relativo al modo in cui osserviamo quello che ci circonda.

Nello studio della ricercatrice australiana si esamina “se la presenta di un filamento all’interno di un super-cluster porta a una maggiore densità di elettroni come previsto da Kull e Bohringer nel 1999”. Il risultato del lavoro servirà non solo a far avanzare le conoscenze sull’universo conosciuto, ma anche a sviluppare nuovi telescopi specificatamente pensati per questo genere di applicazioni scientifiche.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 31 mag 2011
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