“No, grazie” sembrano rispondere gli italiani all’idea che la pubblica amministrazione si apra ai cittadini attraverso le nuove tecnologie digitali e telematiche. È questa una delle possibili letture dei dati relativi allo stato di attuazione dell’agenda digitale, resi noti , nei giorni scorsi, dalla Commissione Europea.
Secondo Bruxelles, infatti, l’Italia è una delle prime della classe in termini di messa a disposizione online di servizi pubblici mentre è tra le ultime in termini di utilizzo, da parte dei cittadini, di tali servizi. Per quanto possa essere difficile da credere per chi, quotidianamente, si confronta con l’elefantiaca burocrazia italiana, secondo la Commissione UE la nostra pubblica amministrazione renderebbe disponibili online ai cittadini il 100% dei servizi pubblici online, il che la collocherebbe al primo posto della classifica europea a pari merito con Austria ed Irlanda.
Allo stesso modo, il nostro Paese sarebbe primo in classifica – anche se, in questo caso, in compagnia di un più folto elenco di altri Paesi quali Austria, Repubblica Ceca, Germania, Danimarca, Estonia, Spagna, Finlandia e Irlanda – in termini di servizi pubblici messi a disposizione, online, alle imprese.
Si tratta, peraltro, di dati che negli ultimi mesi il Ministero dell’Innovazione non ha mancato di pubblicizzare per sottolineare l’efficacia della propria azione.
Ciò che, tuttavia, il Ministro Brunetta non dice è che il nostro Paese è, per contro, in fondo alle classifiche europee in termini di uso dei servizi della PA digitale da parte dei cittadini. Agli italiani, in altre parole, i servizi pubblici online o, almeno, le modalità con le quali questi ultimi sono resi disponibili sembrano non piacere affatto.
Secondo i dati resi disponibili da Bruxelles, infatti, solo il 22% degli italiani utilizza Internet per interagire con la pubblica amministrazione il che ci vale il quintultimo posto nella classifica dell’Europa a 27. Peggio di noi, solo Croazia, Grecia, Turchia e Romania.
La musica non cambia ed anzi il ritmo diviene addirittura più preoccupante se si prendono in esame i dati relativi all’utilizzo da parte dei cittadini italiani della Rete come strumento per il semplice invio di moduli alla Pubblica amministrazione. Nonostante la straordinaria invenzione della CEC PAC regalata – si fa per dire – dal Ministro Brunetta a tutti i cittadini, solo il 7,5% della popolazione utilizza Internet per inviare moduli compilati alla pubblica amministrazione il che ci vale – ancora una volta – il quintultimo posto in classifica davanti alle solite Grecia, Croazia, Repubblica Ceca, Turchia e Romania.
Si tratta di dati allarmanti che rappresentano una situazione astrattamente imputabile ad una molteplicità di fattori.
È tuttavia evidente che la politica di digitalizzazione dell’amministrazione in atto è fallimentare e che occorre cambiare rotta senza perdere altro tempo e sperperare altre risorse.
Stiamo infatti spendendo milioni di euro in programmi e progetti di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (CEC PAC, PEC, Emoticons, certificati medici online, piani straordinari per la digitalizzazione della giustizia ecc) senza riuscire ad intercettare i reali bisogni e le vere esigenze dei cittadini che, per tutta risposta, continuano preferire – o forse sono costretti dall’inefficienza delle soluzioni informatiche sin qui elaborate a – mettersi in fila negli uffici pubblici e compilare pile di carta.
C’è da augurarsi che i dati pubblicati dalla Commissione Europea ricevano, a Palazzo Vidoni – sede del Ministero dell’Innovazione – l’attenzione che meritano e che nelle prossime settimane al Ministero anziché continuare a autoincensarsi per gli straordinari progressi fatti nella digitalizzazione della PA, inizino ad interrogarsi sull’opportunità di cambiare rotta. Provando, magari, ad andare incontro alle esigenze dei cittadini anziché interpretare la politica dell’innovazione come un eterno spot elettorale o, piuttosto, come un modo per soddisfare gli appetiti dei soliti noti ormai divenuti multimilionari grazie all’informatica pubblica.
Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione
www.guidoscorza.it