Contrappunti/ Processi sommari

Contrappunti/ Processi sommari

di M. Mantellini - La semplicità di un click collide con l'intelligenza di chi pubblica. Così la rabbia si trasforma in invettiva, la solidarietà in rissa. E si perdono di vista i vantaggi di una vita digitale
di M. Mantellini - La semplicità di un click collide con l'intelligenza di chi pubblica. Così la rabbia si trasforma in invettiva, la solidarietà in rissa. E si perdono di vista i vantaggi di una vita digitale

Contrappunti , negli ultimi quindici anni, ha forse un po’ esagerato con le sottolineature delle meraviglie che la rete Internet porta con sé. Eravamo e siamo affascinati da mille cose differenti: la libera espressione del pensiero, la pluralità dei punti di vista espressi in mille lingue differenti, l’accesso a milioni di fonti informative di ogni tipo, la straordinaria varietà di strumenti di vicinanza e relazione che Internet propone. E proprio in virtù di queste grandi aspettative siamo stati molto protettivi ed attenti ai molti continui tentativi di invasione, da parte di mille poteri differenti, dentro questo ambiente dalle così chiare e grandi potenzialità.

Per queste ragioni, a titolo di parziale risarcimento verso un entusiasmo eccessivo, Contrappunti di oggi è dedicato ai 76 commentatori di una bacheca Facebook, nella quale il padre di un bimbo morto nel 2009 in conseguenza di un intervento chirurgico ha esposto la foto e le generalità del medico da lui indicato come il responsabile di una simile enorme tragedia.

Di questa sorta di gogna mediatica hanno parlato in questi giorni i quotidiani, ricordandoci che il processo non è ancora iniziato e che il giudice non ha ancora nemmeno deciso se rinviare a giudizio i medici indagati.

Nei 76 commenti appiccicati su quella bacheca non ne ho trovato nessuno che sottolineasse l’inopportunità di una simile pubblica esposizione. La maggioranza dei commentatori, come è comprensibile, esprimono rabbia e vicinanza ai genitori del piccolo, altri utilizzano un simile spazio pubblico per offendere pesantemente il medico ritratto nella foto ma nessuno, nemmeno uno, che si sia dato la pena di dissociarsi da un simile pubblico processo sommario con rapida condanna annessa.

Quello che maggiormente mi colpisce è esattamente questa assoluta concordanza: decine di persone unite nel ritenere normale, comprensibile o perfino sacrosanta una iniziativa del genere. Abbiamo sempre immaginato l’esistenza di una qualche forma di intelligenza collettiva nei sistemi aperti di comunicazione in Rete capace, se non di dimostrarsi prevalente, quanto meno di dar segno di sé. Ecco, occorre sottolineare che oggi questo semplicemente non è avvenuto, lo shock emotivo ha prevalso sul ragionamento, una sorta di ben noto “conformismo digitale” ha serrato i ranghi di un comune sentire, tanto imbarazzante quanto reale ed ampiamente condiviso.

Difficile capire se questo dipenda almeno in parte dall’ambiente digitale stesso, nel caso specifico Facebook, dove, come è noto, è presente la quota più ampia di utenti con scarsa abitudine alle dinamiche di Rete, se tutto questo sia figlio di una oggettiva difficoltà a gestire emozionalmente, da dietro lo schermo protettivo di un computer, una così immensa tragedia, o se semplicemente la Rete sia talvolta il volano della parte meno presentabile di noi stessi.

In ogni caso è evidente che abbiamo un problema e nemmeno tanto piccolo. Un esempio del genere ci è utile per riequilibrare, almeno in parte, alcuni entusiasmi eccessivi, ci racconta di come esista un percorso di civiltà e di avvicinamento alle dinamiche di Rete che riguarda tutti e che deve essere in qualche misura accelerato, iniziando quel processo di sovrapposizione delle forme di comunicazione di Rete a quelle a cui siamo abituati nel mondo reale. Non è semplice ma è indispensabile se vogliamo dare dignità e valore a questo strumento che tanto amiamo.

Tutto questo rimanendo il più possibile al di fuori del contenzioso nelle aule di tribunale, dove sempre più spesso gli utenti della Rete sono soliti incontrarsi per risolvere grandi e piccole diatribe che li hanno riguardati online.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
13 giu 2011
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