NoLogo/ I referendum non li ha vinti Internet

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di M. De Baggis - Non è questione di Facebook, Twitter, hashtag e compagnia. È questione di persone: che si parlano, si informano, si organizzano, quale che sia il mezzo
di M. De Baggis - Non è questione di Facebook, Twitter, hashtag e compagnia. È questione di persone: che si parlano, si informano, si organizzano, quale che sia il mezzo

I mass media si fanno, i social media succedono.

Per questo la qualità dei primi dipende dal lavoro di chi ci sta dietro, la qualità dei secondi dipende dai contenuti e dalle emozioni messi in comune e cortocircuitati : è una dinamica che si può favorire e accogliere, ma non creare dal nulla. Perché i contenuti personali prodotti per la propria rete di amici diventino interessanti anche per chi ne è al di fuori bisogna che più reti di persone si trovino in sintonia su qualcosa nello stesso momento, come è successo in Italia.

Quando diciamo che “Internet ha vinto” in realtà stiamo dicendo che le persone che avevano qualcosa da dire e talento o voglia per dirlo hanno potuto farlo e hanno trovato molte altre persone disposte ad ascoltare. Quando diciamo che “Facebook ha vinto” diciamo che abbiamo vinto noi cittadini, e non solo in Rete: abbiamo vinto strada per strada, con i comitati organizzati e con le discussioni spontanee. Abbiamo vinto perché ci abbiamo creduto e anche perché qualcosa ha fatto da catalizzatore, forse la stessa energia (e la stessa stanchezza) che in altri paesi hanno portato le persone in piazza.

Non è questa la sede per un’analisi politica del voto, anche se non si può prescinderne del tutto: se da più parti si dice che le ultime sono state le elezioni della Rete, e non più della televisione, è proprio perché si guarda alla Rete solo come un medium e non come un ambiente. Questo porta a sottovalutare l’elemento politico della Rete, e cioè la partecipazione diffusa. Il punto non è da dove arrivano le informazioni: l’informazione prodotta da un’élite professionale non è migliore o peggiore di quella prodotta da una massa disorganizzata: è diversa, e in un mondo ideale i due tipi di media si completerebbero l’un l’altro, non verrebbero visti come alternative. Il punto è chi le produce, queste informazioni, e perché: in Italia negli ultimi due mesi i contenuti che hanno portato le persone a votare in modo convinto contro lo status quo sono stati in gran parte prodotti da noi, non dai candidati, non dai promotori, ma da tutti noi.

Come sottolinea Claudia Vago di 140nn , che domenica mattina insieme a Roberta Milano ha lanciato l’hashtag #iohovotato (che è arrivato a essere trending topic globale su Twitter):

“quello che ha vinto, soprattutto nel caso dei referendum, è la voglia di partecipare attivamente. Ne è dimostrazione anche il grandissimo numero di firme raccolte per il referendum sull’acqua e la partecipazione dei cittadini alle attività dei comitati promotori. È questa voglia di partecipazione che si è estesa in rete, perché la rete non è un’entità astratta, è fatta di persone e per queste persone è il prolungamento della realtà in cui vivono. Esco, incontro persone, discuto, torno a casa e continuo quelle stesse discussioni con la mia rete di amici e contatti sul web.

Una spinta significativa, secondo me, è arrivata dalla latitanza dei mass media sui temi del referendum che hanno in qualche modo “responsabilizzato” le persone, hanno fatto pensare che il contributo di ognuno fosse importante per ovviare al vuoto lasciato, principalmente, dalle tv. Facebook e twitter sono semplicissimi da usare, alla portata di chiunque e quindi chiunque è potuto diventare parte attiva della campagna elettorale presso la propria rete di contatti”

Semplicissimi da usare per tutti, tranne che per la maggior parte dei candidati, pare; ma questa è un’altra storia, perché quello che vale la pena ricordare oggi è che, come ha scritto molto bene Dania sull’Unità :

“la gente faceva quella cosa strana di parlare e di spiegarsi le cose e di leggere e di spegnere la Tv. E, in fondo, l’obiettivo era facile, c’era da raggiungere il quorum e ce la potevamo fare ed era una gara di numeri e si poteva organizzare facilmente e quindi ci siamo messi su Facebook e su Twitter e abbiamo fatto questa cosa di esercitare la sovranità come se appartenesse al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”

Questo abbiamo fatto e l’abbiamo fatto noi, non Facebook, Twitter o Internet.

Mafe de Baggis
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Pubblicato il
17 giu 2011
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