Dopo diversi giorni di attesa, e rumors vari quale potesse essere la data effettiva di uscita (anche perché dal lancio del nuovo sistema operativo dipendeva anche l’arrivo di nuovo hardware), due giorni fa Lion si è reso disponibile per il download.
Sì, perché la prima grossa novità di Lion è che non esiste (ancora) nessun box nei negozi, ma è scaricabile solo dal Mac App Store. Apple ha già annunciato che ad Agosto sarà possibile acquistarlo anche su chiavetta USB (non è ben chiaro se nei negozi o solo tramite Apple Store) ma a un prezzo decisamente più elevato: si parla di 59 euro anziché dei 23,99 euro del download. Per chi fosse interessato, anche a seguito del download è possibile realizzare un DVD utile per il ripristino in situazioni di emergenza, ma va fatto prima dell’installazione vera propria, come ben spiegato in questa FAQ .
Questo approccio dovrebbe offrire qualche indizio sulla direzione intrapresa da Apple: l’azienda di Cupertino fu la prima ad introdurre il floppy da 3.5 pollici e fu la prima a dismetterlo. Allo stesso modo fu la prima ad adottare il lettore di dischi ottici (inizialmente CD-ROM) ed oggi è la prima ad abbandonare in maniera decisa questo tipo di supporto, preferendo altri tipi di distribuzione: se l’Air era un tipo di macchina che per sua natura abbandonava il lettore ottico per questioni di portabilità, la mancata adozione di lettori Blu-ray, la rimozione del SuperDrive dal nuovo Mac mini , e la decisione di distribuire il sistema operativo su chiavetta, segna in modo inequivocabile la tendenza futura della casa della mela.
Ma questo è un altro discorso: torniamo a parlare di Lion. Visti i tempi stretti per un test estensivo, questa breve recensione ha più lo scopo di presentare le prime impressioni del nuovo sistema, evidenziando le nuove piccole comodità, i difetti, e l’impostazione generale di quella che (a mio modesto parere) è la release di Mac OS X che più rivoluziona alcuni concetti della GUI.
Partiamo dall’inizio: tra download e installazione vera e propria, dopo un paio d’ore mi ritrovo con il MacBook Pro (versione early 2008 ) perfettamente aggiornato, che mi presenta una nuova schermata di login, più sobria e per certi versi più ordinata. La grafica mi ricorda quella che accompagnerà la configurazione dei nuovi dispositivi con iOS5 , ed è solo la prima avvisaglia delle tante similitudini (positive o negative) che andremo a scovare con iOS.
Le novità di Lion sono davvero tante, ma quelle che saltano subito all’occhio sono quelle relative alla normale interazione col sistema: per interagire si utilizza il mouse o il tackpad e una delle novità più in vista di Lion, sempre in analogia con iOS, è proprio l’implementazione di un numero maggiore di gesture per controllare il sistema ( gesture che nemmeno l’apposita pagina del sito Apple elenca in modo completo). Una delle cose più banali è lo scrolling, ed Apple propone di default (ma si può cambiare) che lo scorrimento funzioni come su iOS , ovvero al contrario di come siamo normalmente abituati sul computer: sarà questione di abitudine, ma al momento non sono sicuro che si tratti della scelta migliore, mentre trovo efficace la scomparsa della scroll-bar che riappare solo quando serve (ovvero quando si scorre il documento) lasciando più spazio all’area di lavoro: un’altra idea che arriva da iOS.
Parlando sempre di gesture , finalmente il Magic Mouse conquista qualche possibilità in più: oltre alla possibilità di scorrimento delle pagine o delle applicazioni (con una o due dita), il doppio tap con un dito sulla superficie touch (quindi senza premere) attiva lo smart zoom, mentre il doppio tap con due dita richiama Mission Control (di cui parleremo più avanti). Siamo ancora lontani dalle richieste di chi necessita del tasto centrale (cosa che sarebbe fattibile con un click a tre dita, come proposto da diverse utility di terze parti) ma perlomeno offre qualcosa in più anche a chi preferisce il mouse rispetto al trackpad.
Tornando sull’argomento dello spazio di lavoro, un’altra caratteristica eredita da iOS è quella delle applicazioni che girano a pieno schermo . Il concetto è leggermente diverso rispetto alla possibilità di massimizzare una finestra, perché in questo caso la finestra non c’è proprio, e anche il menù scompare per riapparire solo quando si transita nell’area superiore. Il concetto di per sé non è una novità, visto che altre applicazioni (sia di Apple che di terze parti) già offrivano questa possibilità, adattando anche l’interfaccia alla mancanza del menù. Lion cerca di estendere questo concetto il più possibile e lo fa assegnando ad ogni applicazione massimizzata un vero e proprio concetto di “spazio di lavoro”: le applicazioni aperte a pieno schermo, così come le scrivanie virtuali e la dashboard, si possono scorrere con un movimento di tre dita (due sul Magic Mouse) esattamente come dovrebbe accadere su iPad con iOS5 , dove le applicazioni sono necessariamente tutte a pieno schermo.
Per un accesso più rapido agli spazi di lavoro, Apple ha ideato Mission Control , ovvero un sistema che consente di avere sotto controllo tutto quello con cui stiamo lavorando: forse è meno immediato di Exposé (che comunque rimane, seppur con qualche differenza) ma è anche più completo e versatile.
Tutte queste gesture si eseguono al meglio su un trackpad di grandi dimensioni, quindi chi ha un portatile vecchiotto come il mio, col trackpad di dimensioni ridotte (anche per via del grande pulsante che occupa quasi un terzo dello spazio) potrebbe trovarsi in difficoltà ad eseguire alcuni movimenti che richiedono l’utilizzo di quattro dita, e tra queste c’è quella che richiama Launchpad . Quest’ultimo non è nient’altro che un’interfaccia semplificata per lanciare le applicazioni, né più né meno di quello che si vedrebbe se si stesse guardando un iPhone o un iPad , con tanto di cartelle per raccogliere le applicazioni.
Tra tutte le novità di Lion questa è forse quella meno utile perché la gestione delle schermate di iOS è già per certi versi lacunosa (soprattutto a livello di organizzazione delle varie applicazioni) e la sua trasposizione in Mac OS X non fa che amplificare queste lacune, visto che l’utente si trova di fronte a schermate con un numero inutilmente elevato di applicazioni e utility che normalmente non utilizzerebbe.
Parlando di applicazioni e utility fornite col sistema, è impossibile non notare che anche il restyling di alcune di queste ricalca lo stile utilizzato su iPad , in particolare il calendario e la rubrica . Degno di nota il miglioramento di Mail , e anche il nuovo Safari, per quanto visto nei primi due giorni, sembra ancora più veloce di prima. Come nota negativa dobbiamo invece registrare l’inspiegabile sparizione di Front Row , inspiegabile soprattutto in un ottica di “avvicinamento” tra Mac OS X e iOS: forse Apple sta preparando un’applicazione dedicata a svolgere lo stesso compito, o forse vuole spingere il più possibile verso l’adozione della AppleTV, anche se questo non spiegherebbe l’implementazione della porta HDMI nel Mac mini.
In ogni caso, per chi non potesse farne a meno, Front Row è ripristinabile con poco sforzo, anche se l’aggiornamento di iTunes e del relativo framework di accesso alla libreria rende l’operazione poco utile. Altra nota negativa la sparizione del pulsante che abilitava e disabilitava la visualizzazione della toolbar, quello che stava nell’angolo in alto a destra (spazio che adesso è occupato dall’icona che porta l’applicazione a pieno schermo): quei programmi che ne richiedevano un utilizzo frequente necessiteranno di un aggiornamento che possa quantomeno assicurare la stessa funzionalità passando da menù (o da relativo shortcut da tastiera).
Le ultime due cose che vorrei citare sono il salvataggio automatico dei documenti, che permette di recuperare tutte le precedenti versioni di un documento con un’interfaccia che richiama lo stile di Time Machine, e l’opzione che allo spegnimento permette di impostare il successivo riavvio ritrovando il computer così come l’abbiamo lasciato, con le stesse finestre e applicazioni aperte, come se l’avessimo messo in standby (tra parentesi, le stesse applicazioni tengono memoria dell’ultima cosa fatta, riaprendosi direttamente sullo stesso documento di quando le abbiamo chiuse).
In base a tutto quello che abbiamo detto sopra (che comunque è frutto di un semplice primo approccio al nuovo sistema) possiamo concludere che in Lion ci sono sicuramente molte caratteristiche prese in prestito da iOS , ma anche alcune idee innovative (personalmente mi piace molto il concetto del Mission Control ): Apple ha avuto il coraggio di osare proponendo nuovi modelli di interazione col sistema, e l’ha fatto preparandosi con il dovuto anticipo (il Magic Trackpad è stato presentato un anno fa) e facendo fruttare l’esperienza maturata in ambiti diversi da quello del classico computer.
Difficile capire oggi se il processo di convergenza tra i due sistemi sfocerà davvero in un prodotto unico (alcune differenze sembrano incolmabili) e ancora più difficile capire se questa strada sarà quella giusta per ogni tipologia di utente. Se vi state chiedendo se valga la pena aggiornare, il mio giudizio è complessivamente positivo, ma se usate il Mac per lavoro forse vi conviene prima assicurarvi che le applicazioni da voi utilizzate siano perfettamente compatibili con Lion (così come si farebbe per qualsiasi nuova major release di qualsiasi sistema): alcune grandi software house, come Adobe, hanno pubblicato una pagina ad-hoc per tenere traccia di eventuali problemi di incompatibilità.
Domenico Galimberti
blog puce72
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