David Cameron, al ritorno dall’Italia dove si trovava in vacanza allo scoppio delle violenze di Londra, ha accolto il punto di vista della polizia e chiesto la serrata dei social network.
Rimandata, a quanto pare, a data da destinarsi l’analisi delle cause reali dei gravi fatti di violenza che stanno infiammando Londra, il dibattito in Parlamento è si concentrato sul ruolo svolto dai social media e sull’opportunità di bloccarli : “Il grande flusso di informazioni che permettono può essere utilizzato nel bene o nel male – dice Cameron – e in questo secondo caso è opportuno bloccare i social network”.
Pur non specificando come intende farlo, il Primo Ministro britannico ha detto di essere in contatto con la Polizia, i servizi segreti e le aziende di settore per verificare se è possibile o realmente opportuno effettuare blocchi simili almeno nei casi in cui si sia individuata l’organizzazione di un evento violento o l’intenzione di un atto in altro modo criminale . Dice addirittura di aver chiesto alla polizia, che di fatto con l’omicidio del ventinovenne di Tottenham Mark Duggan ha innescato la miccia, se avesse bisogno di nuovi poteri.
Bloccare singoli account senza bisogno della decisione di un giudice o sospendere per una finestra di tempo precisa sono, però, entrambe soluzioni al contempo rischiose, contrarie alle regole basilari della democrazia (prevedendo restrizioni di libertà senza previa autorizzazione del potere giudiziario o perché un utente su mille di un servizio l’ha usato per perpetrare atti contrari alla legge) e contraddittorie: per avere notizie circa i focolai di violenza, per esempio, ai saccheggiatori bastava accendere il televisore sulla diretta della BBC e delle altri emittenti.
Insomma, ancora una volta sembra che non si siano capiti i nuovi mezzi, confusi con i fini per cui sono usati e ingigantiti nei loro effetti.
Oltre a BlackBerry Messenger, al centro della polemica vi è Twitter, che tuttavia ha già preso posizione e annunciato che non chiuderà nessun account , anche nel caso in cui si trattasse di uno di quelli che ha cinguettato violenza o presunta partecipazione ai saccheggi e al vandalismo.
Citando quanto scritto dal cofondatore del servizio di microblogging Biz Stone in occasione delle proteste egiziane, il portavoce del tecnofringuello ha infatti detto che “la libertà di espressione è essenziale al loro scopo di connettere istantaneamente le persone a quello che per loro è più importante”, specificando che vi sono tweet di ogni tipo e che “anche se non sempre concordiamo con quello che le persone scrivono, ci impegniamo a far sì che le informazioni continuino a fluire indipendentemente dalla considerazione che possiamo avere del contenuto”.
A parte questa chiara presa di posizione a difesa della libertà di espressione, Twitter non ha detto se sta collaborando in altro modo con la polizia, passando, per esempio, le informazioni personali relative agli account sospettati di aver avuto un ruolo nelle sommosse.
Il portavoce del tecnofringuello Rachel Bremer ha invece detto che “se il governo vuole parlare con noi saremo lieti di ascoltarlo”.
La polizia, nel frattempo, ha detto di star monitorando anche i social network alla ricerca di sospetti, indizi, confessioni e responsabilità: particolare attenzione sarà data alle foto della refurtiva caricate su servizi come TwitPics, una strana abitudine dei saccheggiatori, che nei fatti di Londra hanno dimostrato poca furbizia o un generale degradamento della loro idea di legalità .
Paradossalmente, peraltro, la Rete stessa si sta organizzando per aiutare a scovare i responsabili delle violenze: un esempio è quello di un progetto portato avanti (ma già abbandonato) da un Google Group che intendeva applicare le tecnologie di riconoscimento facciale alle immagini delle violenze riprese dalle televisioni.
E alcune delle testimonianze delle ingiuste violenze subite da privati hanno portato a singolari storie di compensazione: Sony, per esempio, ha offerto una PlayStation Portable e giochi gratuiti allo studente la cui rapina aveva fatto scalpore su YouTube .
Peraltro, per individuare l’identità dei volti presenti nelle foto della refurtiva pubblicate online e di quelli ripresi dalle telecamere della televisione, la polizia stessa sta impiegando Flickr.
Inoltre, qualcuno degli utenti sospettati di aver utilizzato i social network per attività criminali è già stato arrestato .
E addirittura la Greater Mancherster Police ha iniziato ad utilizzare il suo account Twitter come una moderna berlina dove esporre nomi, indirizzi e crimini delle persone finora individuate come vandali.
I social network, insomma, sono mezzi. E in quanto tali il loro valore è legato all’utilizzo che se ne fa: dietro ci sono, nel bene e nel male, sempre e solo persone. E le forze dell’ordine che li utilizzano dovrebbero capirlo.
Claudio Tamburrino