“Io credo che i giorni più luminosi e innovativi di Apple debbano ancora venire. E non vedo l’ora di guardare e contribuire al suo successo in un nuovo ruolo.” Questa è una delle ultime frasi della lettera con la quale Steve Jobs ha dato le dimissioni da CEO di Apple, ruolo che ufficialmente continuava a mantenere ma dal quale era comunque assente dall’inizio di quest’anno.
Al di là ventata di ottimismo che sicuramente avrà voluto infondere per compensare l’inevitabile contraccolpo della notizia (a seguito dell’annuncio, fatto per ovvi motivi a mercati chiusi, il titolo AAPL è arrivata a perdere fino al 5 per cento anche se durante le contrattazioni di ieri ha recuperato quasi tutto) questa frase nasconde due dettagli sui quali vale la pena soffermarsi.
Il primo (partiamo dal fondo) è che Jobs non se ne sta andando ma ha semplicemente ufficializzato una situazione che di fatto si sta trascinando da diversi mesi, ovvero il trasferimento della carica di CEO al predestinato Tim Cook. Steve Jobs continuerà comunque la sua attività in Apple come presidente del consiglio e membro dello stesso, oltre a mantenere un non-meglio-identificato ruolo di “impiegato Apple”. Più volte il mercato aveva chiesto una mossa in tal senso, perché Jobs non poteva delegare all’infinito un ruolo di tale importanza: la notizia fa quindi un certo effetto per la sua ufficialità, ma non giunge certamente inattesa a chi segue da vicino tutti gli eventi che ruotano intorno a Cupertino (tanto che, secondo alcuni analisti, modo e tempo sono stati scelti a tavolino). In ogni caso, pur abbandonando il titolo di CEO, Jobs si è ritagliato un ruolo di non poca importanza, il che lascia intendere che (finché ne avrà le forze e la volontà) avrà ancora modo di dire la sua sulle linee guida da seguire… non è un caso che Jobs abbia preannunciato un futuro luminoso e innovativo al quale intende dare il suo contributo, e qui ci riallacciamo al secondo dettaglio.
Parlando di “giorni luminosi” è evidente Jobs si augura che Apple continui la sua strada di successi e record di mercato, così com’è stato negli ultimi anni , ma parlando di “innovazione” il pensiero si sposta inevitabilmente verso l’annuncio dei prossimi prodotti, e non mi riferisco solamente all’imminente iPhone 5 (che dovrebbe essere presentato il prossimo mese) ma a tutti quei prodotti che sono già in fase di ideazione, progettazione e sviluppo: prodotti che arriveranno nel 2012 o ancora più tardi, perché certi dispositivi non si progettano da un giorno all’altro ma possono richiedere anni di sviluppo, test e perfezionamenti.
In definitiva, nel bene o nel male, CEO o non-CEO, Steve Jobs avrà ancora a lungo la sua influenza strategica anche se Tim Cook , vista l’investitura ufficiale, terrà le redini dell’azienda e dovrà agire in prima persona prendendosi tutte le responsabilità del caso. Del resto, come ho avuto modo di dire in altre occasioni , Cook ha già dimostrato di saper guidare l’azienda, soprattutto in questi ultimi mesi: sebbene non abbia lo stesso carisma o le stesse intuizioni geniali, condivide con Jobs lo stesso carattere, forte, deciso e molto esigente con propri collaboratori, anche a costo da risultare un po’ antipatico. Cook è un ottimo amministratore e non si troverà da solo a guidare Apple visto che (al di là della sua presenza come presidente del consiglio d’amministrazione) in questi anni Jobs ha saputo circondarsi di molti collaboratori di valore, ognuno con le proprie peculiarità: una squadra vincente che, perlomeno nel breve e medio periodo, proseguirà il lavoro impostato da Jobs. Sul lungo periodo credo invece che ogni previsione sia inutile, non solo per Apple ma per tutto il settore informatico.
Ma quale sarà questo lavoro già impostato che si preannuncia come innovativo (lo stesso Tim Cook, nel suo messaggio di presentazione ai dipendenti ha rimarcato più volte questo concetto)? Senza entrare nel dettaglio di alcuni rumors che diventano sempre più insistenti, e che vogliono Apple in procinto di rivoluzionare completamente la propria linea di prodotti (magari spingendo già da subito i processori con tecnologia ARM su alcuni modelli di Mac), è evidente che il mercato dell’informatica stia per cambiare.
Fermo restando che il computer “classico” è ancora indispensabile per molte professioni (io stesso non potrei fare a meno del mio PC-Win) e non potendo ignorare il fatto che, anche limitandosi all’universo Apple, senza un Mac con OS X non si potrebbero nemmeno creare le App per iOS, gli ultimi risultati trimestrali disegnano un mercato del computer in crisi e un settore dei tablet in forte espansione . Pur conservando forti dubbi sulla tempistica e sugli effettivi vantaggi di una fusione immediata tra il mondo iOS e quello di OS X, tutti gli indizi portano in quella direzione: sarà questa l’ultima trovata di Jobs e il primo terreno di prova per Cook?
Domenico Galimberti
blog puce72
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