Contrappunti/ Miele, briciole e tesoretti

Contrappunti/ Miele, briciole e tesoretti

di M. Mantellini - Destinare il tesoretto derivato dall'asta delle frequenze allo sviluppo della rete? Briciole su cui si avventeranno uno sciame di attori. Col risultato di perpetuare la realtà attuale
di M. Mantellini - Destinare il tesoretto derivato dall'asta delle frequenze allo sviluppo della rete? Briciole su cui si avventeranno uno sciame di attori. Col risultato di perpetuare la realtà attuale

Dopo essersi alienato, temo definitivamente, ogni fiducia residua da parte degli utenti della rete in relazione alle ben note vicende della Agcom giudice e gendarme del diritto d’autore in Italia, Corrado Calabrò ha scritto una lettera al Governo per dare voce – udite udite – agli interessi dello sviluppo di Internet in Italia. Il presidente della Agcom chiede che una quota consistente dei denari raccolti dall’asta per le frequenze LTE vada destinata al digital divide ed allo sviluppo tecnologico delle reti.

Come api sul miele un numero molto ampio di soggetti diversi sperano di attingere all’inatteso piccolo tesoretto che l’asta per il 4G ha estratto dalle tasche degli operatori telefonici. Fra i tanti meritano una menzione Carlo Malinconico, presidente della Federazione Editori Giornali che con lodevole tempismo ha dichiarato: ” merita apprezzamento la segnalazione dell’Agcom nella parte in cui individua tra gli strumenti per aumentare la domanda per la banda larga, l’alfabetizzazione informatica e la promozione dell’accesso ai contenuti editoriali di qualità, con un bonus per l’abbonamento a quotidiani on line per gli studenti, affiancando così, per la prima volta, la valorizzazione dei contenuti, al potenziamento delle infrastrutture che ne consentono la diffusione “.

Mentre riaccompagniamo Malinconico nel secolo scorso, dal quale simili idee provengono, merita una menzione anche la lettera che Gina Nieri di Mediaset ha spedito al Corriere della Sera a difesa del beauty contest sulle altre frequenze che lo Stato si appresta a regalare al duopolio televisivo Rai-Mediaset (+ La7 e Sky). La Nieri sostiene ovviamente che tali frequenze alle TV siano “dovute” e che vada osservato: ” il ruolo di servizio universale della TV gratuita. È una garanzia per tutti i cittadini di una offerta di qualità nell’informazione e nell’intrattenimento, un bene di democrazia che val la pena difendere. I servizi che gli operatori telefonici offriranno sulle nuove frequenze saranno invece solo a pagamento “.

In una sorta di ammirevole ribaltamento semantico Mediaset diventa così la TV gratuita (Mediaset in Italia nel 2010 ha dichiarato ricavi per 3.438,3 milioni di Euro), servizio universale (è strano, non mi risulta che abbia obblighi di copertura nei confronti dei cittadini della penisola) e bene di democrazia , mentre l’accesso alla rete offerto dalle Telco viene descritto come un vago, risibile e quasi deplorevole “servizio a pagamento”.

Non dobbiamo meravigliarci troppo nel leggere fanfaluche simili, accade in ogni Paese, ciascuno tenta di portare acqua al proprio mulino: da noi forse il livello medio di forzatura dello scenario, la tendenza ad essere eccessivi e folcloristici può essere considerato un tratto psicologico aggiuntivo, ma tanto basta. È invece rilevante che tutto questo scrivere lettere, produrre iperboli e recitare proclami, accada dentro una sostanziale enorme bolla decisionale. Così, mentre è assai difficile credere che Agcom tuteli improvvisamente gli interessi dei cittadini, che la Federazione degli Editori studi sinergie fra diritto di accesso a Internet e contenuti giornalistici, se fa abbastanza sorridere il pauperismo di Mediaset nella sua inedita descrizione di gratuito strumento di democrazia, resta la sensazione di un enorme vuoto di governo. Quella prerogativa secondo la quale il miele è dei cittadini ed esiste una sorta di arnia regolatrice che stabilisce tempi e modi di accesso delle tante api insistenti.

Così accadrà che dal piccolo tesoretto generato dalle aste delle frequenze attingeranno un po’ tutti, più alta sarà la cifra raccolta maggiore sarà il numero degli improbabili pretendenti, perché così vanno le cose in questo Paese, quando invece logica ed intelligenza avrebbero voluto che non solo i 300 milioni attualmente eccedenti dai 2,4 miliardi iniziali fossero destinati allo sviluppo tecnologico ma che l’intero ammontare dell’asta o comunque una quota molto consistente prendesse quella direzione. Che sarebbe poi l’unica traiettoria di un possibile riscatto nazionale da un ritardo tecnologico ogni giorno più pesante ed evidente. Manca qualcuno che comprenda nozioni semplicissime e altrove assai chiare: per esempio che le reti di comunicazione sono più importanti (molto più importanti) della tutela delle TV locali o anche del famigerato Ponte di Messina, che il digital divide culturale può essere affrontato solo con rilevanti investimenti che vadano dalla scuola, alla nuova informazione, alle scelte strategiche delle amministrazioni pubbliche e non regalando altri soldi a vecchi editori in crisi, che l’aumento di opzioni tecnologiche per le aziende e per i cittadini vale in prospettiva (lo so, non si può dire) infinitamente di più del palinsesto senile apparecchiato ogni sabato sera da Canale 5 o Rai 1 a colpi di Ballando con le Stelle e programmi di servizio pubblico analoghi.

Tutto questo non si può dire e soprattutto non si potrà fare per due evidenti ragioni: perché gli interessi del Primo Ministro di questo governo sono ovviamente imbevuti di questa arretratezza culturale ben retribuita ma anche perché, e questo vale certamente per l’amministrazione in carica ma anche per quelle che l’hanno preceduta, non è mai esistita nella classe politica di questo Paese alcuna vera cultura dell’innovazione. Se domani, per volere superiore, il governo del paese cambiasse, probabilmente ci troveremmo ad affrontare, come è accaduto in passato, i medesimi problemi e le medesime incomprensioni, solo con politici dai nomi e dagli schieramenti differenti.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il 12 set 2011
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