Anaheim (California) – Non tutto è stato svelato: Windows 8 nasconde ancora parecchi segreti , sia dal punto di vista tecnico che da quello commerciale. Nulla si sa del nome ufficiale del prodotto, o dei prezzi, né tanto meno è stato chiarito tutto quanto riguarda il marketplace o le specifiche finali. Eppure, da quel poco che si è visto in questi due giorni di Build, c’è già abbastanza carne al fuoco per farsi un’idea di quel che sarà: e il quadro, occorre dirlo, è piuttosto confortante.
Microsoft ha deciso di cambiare pelle a Windows, non solo cambiandone l’aspetto esteriore. BigM ha deciso investire in una scommessa: cambiare l’appeal e il lato tecnico del suo sistema operativo, sempre uguale a se stesso da almeno 15 anni, per riposizionarlo sul mercato. Windows 8 dovrà essere, nelle intenzioni di Redmond, lo stato dell’arte e il punto di riferimento di concorrenti e utenti : tecnicamente ci sono decine di caratteristiche annunciate al pubblico degli sviluppatori in queste 48 ore appena trascorse, esteticamente Windows punta a prendersi il primato quanto meno delle buone intenzioni.
Sam Moreau, uno dei designer che è dietro alla rivoluzione Metro, lo ha spiegato molto bene durante una sessione della mattinata: per Windows e per Microsoft, Metro è un linguaggio che unifica l’approccio all’interfaccia e che porta avanti un discorso iniziato con Zune, maturato con Windows Phone ed evolutosi con Windows 8. Bando alla ridondanza e al retaggio del passato: nel calderone delle cose da buttare ci finiscono le icone, elementi non funzionali allo scopo, assieme a le finestre troppo dense e poco aggraziate. Il futuro secondo Metro è fatto di semplicità, simmetria, coerenza e funzionalità: comprendere questo passaggio è fondamentale per comprendere per intero il nuovo OS e la nuova Microsoft.
I riferimenti culturali (o filosofici, si potrebbe dire) sono eloquenti: Moreau fa riferimento alla Bauhaus e all’estetica di un mago dei titoli di testa dei film come Saul Bass. Ovvero due esempi concreti di funzionalità ed estetica minimalista : esempi di queste ispirazioni si possono cogliere in tutto il sistema operativo, a cominciare dalle tiles attive che svolgono contemporaneamente il ruolo di launcher per le app e di informazione tramite i contenuti aggiornati dinamicamente; senza dimenticare font e spaziature scelte per Metro, con gli elementi tutti legati strettamente alla griglia e correttamente e costantemente distanziati l’uno dall’altro.
Far sparire le icone, come detto, è un gesto simbolico: “sono il passato” dice Moreau, rappresentano un concetto ormai tramontato e non sono realmente utili allo scopo. La loro funzione su un desktop è unica: fungere da scorciatoia, ma non sono in grado di fornire valore aggiunto e non garantiscono dunque la funzionalità richiesta. Allo stesso modo, comunicare correttamente e veicolare le informazioni non è reso possibile dall’affollarsi di nozioni sullo schermo, bensì dal loro essere riconducibili a gerarchie e percorsi logici evidenti e familiari , capaci di risvegliare l’attenzione dell’utente anche con la bellezza e la semplicità, senza dover ricorrere ad affollate interfacce vecchio stampo.
Metro è davvero una filosofia: uno stile di vita, pardon, di programmazione minimalista e funzionale. Qualcosa che volendo si può ricondurre all’aspetto esteriore delle applicazioni, ma che a scavare si scopre pone le sue radici molto in fondo. Un esempio concreto è offerto dalla nuova modalità di “connected standby”: qualcosa a cui Microsoft tiene molto, tanto da spingerla a cambiare le sue abitudini in fatto di collaborazione con i partner hardware. Qualcosa che trasforma non solo i device ma anche i programmi che ci girano sopra , che “costringe” BigM a diventare più simile a Apple di quanto non sia mai stata: un OS non può ignorare la piattaforma hardware su cui gira, deve anzi dettarne in un certo senso i tempi e i modi di sviluppo per trarne giovamento a vicenda. Per la seconda volta in pochi anni, dopo Windows Phone, Microsoft si spinge a dettare dei requisiti minimi ai produttori OEM: non tutto l’hardware che c’è in giro sarà adatto a mostrare Windows 8 al meglio.
Sul piano tecnico, “connected standby” si spiega con poco: il device posto in questa nuova modalità ACPI “S0” deve sembrare a tutti gli effetti spento, pur non essendolo. Il segreto è tutto nel lasciare la sola antenna WiFi attiva , in pratica, così da captare ogni 60 secondi circa eventuali cambiamenti avvenuti nella propria casella di posta, calendario, notiziario: se qualcosa da aggiornare c’è, allora e solo allora il processore e le memorie entrano in gioco, per una frazione di secondo, in modo da registrare i cambiamenti. E poi si torna praticamente a consumo zero, fino a quando l’utente non accenda la macchina: in questo modo il consumo dovrebbe calare fino al 5 per cento della batteria per ogni 16 ore trascorse in standby.
Ma quando diciamo che Metro è una filosofia, diciamo anche che per sfruttare questa nuova modalità di risparmio energetico occorre cambiare il modo di scrivere applicazioni e modellare interfacce: ha poco senso avere un PC che rimane sempre connesso se poi non ci sono gli elementi grafici in grado di mostrare l’evolversi degli eventi. E se non c’è da parte degli sviluppatori la buona volontà di sviluppare con i nuovi strumenti Metro (“compliant by design” spiegano in un’altra sessione), allora si viene meno alla premessa: abbandonare il vecchio e abbracciare il nuovo, un nuovo voluto e influenzato a tutti i livelli da Microsoft e che in un certo senso impianta un nuovo albero in un nuovo terreno. Con device, e non solo, che abbracciano il progresso senza tentennamenti.
La strada per Windows 8 è lastricata di buone intenzioni. Le sessioni di questa Build mostrano da un lato l’approccio “senza compromessi” di Microsoft, che è qui a Los Angeles per dire ai suoi sviluppatori e partner: non c’è più spazio per i vecchi retaggi, occorre cambiare marcia adesso e non c’è tempo da perdere . Il cambio del nome dell’evento, da PDC a Build, è un altro segno di questa intenzione. E poi ci sono gli sviluppatori, appunto: l’entusiasmo per queste novità è palpabile, anche se non manca chi un po’ storce il naso per vedersi costretto a stravolgere quello che in certi casi è un lavoro di 10 anni o più su delle API e un’interfaccia ritenute consolidate. Si tratta di un sacrificio inevitabile, però: chi rimarrà indietro perderà un treno, che non è detto ripassi più dalla stazione di Redmond.
Luca Annunziata