È in esame alla camera un nuovo disegno di legge sulla responsabilità dei provider , il diritto di accesso ad Internet e l’enforcement online dei diritti di proprietà intellettuale. Nulla di nuovo rispetto alle idee già proposte al Parlamento italiano in estate. E quindi del tutto preoccupante.
Il Disegno di Legge che prede il nome dai promotori, i deputati del Pdl Elena Centemero e Santo Versace, calendarizzato ed assegnato il 12 settembre alla Commissione Attività produttive, torna sulle materie dibattute in occasione della discussioni sulla delibera Agcom contro la pirateria e si basa sul principio della responsabililtà oggettiva, civile e penale, dei provider.
Nel dettaglio si tratta di due soli articoli : il primo, spiega la presentazione alla Camera, “interviene sull’articolo 16 del decreto legislativo n. 70 del 2003, Responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazioni – hosting , specificando che i fatti e le circostanze che rendono manifesta al prestatore di informazioni l’illiceità dell’attività o dell’informazione, facendo venir meno l’esenzione da responsabilità, comprendono tutte le informazioni di cui tale prestatore disponga, incluse quelle che gli sono state fornite dai titolari dei diritti violati dall’attività o dall’informazione, anche in relazione ad attività o ad informazioni illecite precedentemente memorizzate dal prestatore a richiesta dello stesso o di altri destinatari del servizio; che i corrispondenti obblighi di rimozione e di disabilitazione dell’accesso alle informazioni illecite sorgono in ogni caso in cui il prestatore di servizi sia venuto a conoscenza di tale illiceità, per effetto della comunicazione delle autorità competenti o di qualunque soggetto interessato”.
Si tratta, in pratica, del principio che affida un ruolo preponderante alle segnalazioni di violazine di copyright anche da parte di singoli utente e senza, di fatto, la necessità, né la possibilità, di controllare l’effettiva natura delle accuse prima di proseguire con la cancellazione, la disabilitazione o il blocco dell’accesso al cittadino. Un logica molto più estesa della situazione attuale che prevede per il provider l’obbligo di rimozione solo inseguito all’intervento dell’autorità competente e dell’autorità giudiziaria.
Inoltre, in base a tale disposizione “qualunque soggetto interessato” si ritroverebbe ad avere funzioni e poteri dell’autorità giudiziaria nel notificare semplici ipotesi di comportamenti che oltretutto hanno valenza penale nel nostro ordinamento. Viene in questo modo aggirata la competenza e la tutela giudiziara, un principio costituzionale.
La formulazione del nuovo impianto, poi, parla genericamente di blocco del “destinatario del servizio dell’informazione”, e in questo modo sembra andare oltre la semplice rimozione del contenuto eventualmente trovato in violazione aprendo addirittura, secondo alcuni osservatori tra cui l’avvocato Fulvio Sarzana , alla possibilità di bloccare in toto l’accesso ad Internet del cittadino.
L’articolo 2 del DDL, invece, modifica l’articolo 17 della direttiva sul commercio elettronico che prevede, conformemente alla normativa europea in materia, la non responsabilità preventiva e dunque il non obbligo di sorveglianza per gli intermediari: si tratta del principio in base al quale il provider ha solo una responsabilità “ex post” e non anche quella “ex ante” su tutti contenuti caricati.
Pur ribedendo in via generare il principio, infatti, una serie di condizioni contraddicono la premessa ribaltandolo di fatto ed escludendo così il provider dal “godere delle esenzioni di responsabilità preventive”. La normativa arriva al punto di parlare di responsabilità civile e penale per il “prestatore che non abbia adempiuto al dovere di diligenza che è ragionevole attendersi da esso”. Diligenza che, addirittura, afferma logico attendersi non solo nell’ottica di individuare eventuali violazioni, ma anche per “prevenire taluni tipi di attività illecite”.
Il comma c dell’art 2 impone in particolare ai provider di sospendere la “fruizione dei servizi dei destinatari di tali servizi che pongono in esame violazioni dei diritti di proprietà industriale per evitare che siano commesse nuove violazioni della stessa natura da parte degli stessi soggetti”. Ipotesi che sembra nelle ipotesi peggiori aprire alla possibilità/obbligo di liste di proscrizione di cittadini/netizen da bannare. Aprendo, insomma, all’adozione in Italia di un sistema stile HAPODI.
Le preoccupazioni, in definitiva, sono naturalmente le stesse sollevate alla presentazione estiva del Disegno di legge leghista n. 4511 che interviene sugli stessi articoli del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70: pur concentrandosi maggiormente sulla contraffazione, in generale cerca di imporre i medesimi principi di quest’ultimo DDL limitando, fino al ribaltamento il principio di non responsabilità degli intermediari e fino a ribaltarne la logica e superando la necessità dell’intervento giudiziario per la rimozione di un contenuto.
Anzi, è evidente che i due disegni di legge, entrambi della maggioranza anche se il primo leghista e il secondo del PDL, siano tanto simili da essere quasi il secondo una copia spudorata del primo . Una bella ironia dal momento che vorrebbero ergersi a tutela del diritto d’autore.
Claudio Tamburrino