Il saluto a Steve Jobs

Il saluto a Steve Jobs

di L. Annunziata - L'inevitabile coccodrillo, cercando di parlare con dignità di un uomo dignitoso. Che ha attraversato 30 anni di storia della tecnologia, lasciando una traccia e incarnando il cambiamento
di L. Annunziata - L'inevitabile coccodrillo, cercando di parlare con dignità di un uomo dignitoso. Che ha attraversato 30 anni di storia della tecnologia, lasciando una traccia e incarnando il cambiamento

Cercare di raccontare, di trovare un titolo, a un pezzo come questo è di per sé una sfida. Non perché si tratti di retorica (o falsa retorica), ma perché per la natura stessa della vita e dell’uomo che si cerca di ricordare ci sono pochissimi appigli utili per tentare di tracciare un ordito commovente e ampolloso. Steve Jobs era un uomo schivo , per lui parlavano le sue imprese professionali: quanti, a parte una sparuta minoranza di autentici amici e colleghi, possono dire di averlo conosciuto davvero? Il minimalismo nel parlare, nel pensare, nel vivere e nel lavorare era il suo marchio di fabbrica.

Minimalismo non significa non pensare in grande: per Jobs minimalismo significava dare attenzione ai dettagli per costruire qualcosa di grande un pezzo per volta . Minimalismo ha significato ricominciare due volte da capo, nella sua vita, partendo con poco e pian piano assemblando gradualmente gli elementi che trovava sulla sua strada: Apple, Next, Pixar e poi di nuovo Apple sono la testimonianza della sua capacità professionale e umana, luoghi dove ha saputo infondere la sua visione e circondarsi di uomini e donne, professionisti, in grado di dargli corpo. E quando la visione, finalmente, diventava tangibile, allora lui saliva sul palco e la mostrava al pubblico in modo affascinante: fino a questo momento si contano sulle dita di una mano le volte in cui le sue intuizioni non si sono trasformate in un successo travolgente.

Su Steve Jobs si raccontano un sacco di cose : che fosse un genio e che fosse un bastardo sul lavoro, che fosse in grado di tirare fuori il meglio di ciascuno dei suoi collaboratori ma a caro prezzo, vessando e spremendo fino all’ultima goccia di creatività da tutti quanti lo circondavano. Altri non esitano a descriverlo invece come una persona mite in grado di arricchire l’esistenza altrui con la propria genialità. Il punto è che si tratta quasi sempre di leggende, nessuno ha mai voluto o saputo fino a questo punto raccontare in presa diretta, in prima persona, queste sue inclinazioni. Jobs è sempre rimasto “nascosto”: ha tenuto riservata la sua vita personale, ha detto il minimo indispensabile sulla sua malattia, ha lasciato che tutti dicessero quello che gli pareva sul suo conto e ha parlato solo quando aveva qualcosa di davvero importante da dire.

La figura di Jobs travalica il mondo dell’ICT dove ha mosso i suoi primi passi e dove si è consacrato come tra i migliori CEO della storia. Il fatto stesso che per commentare la sua morte si spenda il presidente degli USA, Barack Obama , che colleghi e avversari dell’elettronica di consumo decidano di dedicargli un pensiero, che artisti di ogni campo abbiano un ricordo e una frase da consegnare al fiume di citazioni che invade il Web e il mondo dei giornali, che Google piazzi sulla sua homepage un ricordo a quello che Brin e Page hanno sempre ritenuto un mentore, è il segno tangibile che il suo operato è stato qualcosa di più di quello di un semplice contabile o di uno spregiudicato uomo d’affari. È stato anche quello: un abile calcolatore e un potente capitalista, ma è stato in grado di essere anche di più.

Difficile incontrare qualcuno nel mondo che non sappia chi è Steve Jobs: altri suoi colleghi, pur anch’essi creatori di realtà altrettanto se non più grandi, non godranno della stessa fortuna. Steve Jobs è stato una rock star e anche un tecnico rispettato, un personaggio che si è fatto notare per il suo carisma e le sue opere, pur non avendo mai affermato di essere il migliore sulla piazza: viene da pensare a quando, presentando iPhone, ribadì la sua fortuna nell’essere per la terza volta al centro di un’innovazione che riteneva in grado di cambiare il modo dell’uomo di vivere con la tecnologia al suo fianco. Non rivendicò per sé l’idea, in qualche modo la fece passare come l’ovvia e inevitabile conseguenza di un percorso a cui lui stesso e tutti i suoi collaboratori avevano partecipato. In questo c’è un altro esempio del suo minimalismo: lui era un pezzo del puzzle, non “il” pezzo.

La qualità principale di Jobs, lo hanno detto tutti ma occorre ribadirlo, è stata la sua capacità di anticipare i tempi: ha saputo spingere se stesso e i suoi colleghi a cercare soluzioni nuove a problemi esistenti , sapendo anticipare soluzioni che altri troveranno solo in un secondo momento, comprendendo in anticipo quali sarebbero state le domande che il pubblico avrebbe posto all’industria nel giro di qualche mese o di qualche anno. Steve Jobs ha voluto per primo un designer accanto a un ingegnere nel processo di progettazione di un computer, ha voluto per primo integrare un marketplace nell’esperienza dell’utente finale: iTunes ha fatto per la musica quello che nessuno era riuscito a fare (e Apple resta leader di quel settore), App Store ha fatto per il mercato del software per cellulari quello che ne nessuno è stato fino a questo punto in grado di replicare. Altri avevano provato, Apple c’è riuscita.

Non è possibile stabilire se Jobs sia davvero il “genio assoluto” che i suoi fan già descrivono: sarà la storia, che non scriviamo noi oggi, a stabilire la reale importanza e la reale statura di un uomo che ha fatto della passione per l’eccellenza e per la combinazione di arte e tecnologia la sua ragione di vita. Per lui parlano i prodotti hardware e software che ha contribuito a plasmare: Apple II, Apple Lisa, Macintosh, iMac, iPod, iPhone e iPad, Mac OS, OS X, iOS, iTunes. Per lui parlano i film Pixar. Per lui parla il World Wide Web, nato su una workstation Next. Di sicuro Jobs è stato un uomo dotato di una cospicua dignità nell’affrontare successi e fallimenti , e chiunque può augurarsi di averne altrettanta per affrontare i propri.

Luca Annunziata

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Pubblicato il 6 ott 2011
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