Nell’immaginario collettivo si è ormai radicata l’idea che nel mondo del web i commenti più negativi siano scritti dagli utenti anonimi o che utilizzano pseudonimi. Tuttavia, una ricerca condotta da Disqus, piattaforma che gestisce i commenti sul web, sembra smentire questa certezza e, al contrario, svela “il volto buono” di questi account che vogliono preservare la propria identità.
Dopo aver analizzato 500mila commenti del proprio immenso sistema, Disqus ha reso noto che il 61 per cento degli scritti sono lasciati da pseudonimi , il 35 per cento da anonimi e solo il 4 per cento commenta utilizzando la propria identità.
La vera sorpresa della ricerca è il dato in base al quale gli pseudonimi non solo lascerebbero una maggiore quantità di commenti, ma scriverebbero anche osservazioni di un’elevata qualità . Nello specifico , il 61 per cento dei commenti scritti dagli utenti pseudonimi sono positivi, il 28 per cento neutrali e appena l’11 per cento negativi. Se si analizzano i commenti anonimi la situazione si ribalta: 55 per cento sono gli scritti neutrali, mentre quelli positivi sono il 34 per cento. Rimane però invariata la cifra dei commenti negativi, che resta stabile all’11 per cento. L’analisi riguardante i commenti lasciati da persone registrate con il proprio nome esprime una situazione a metà tra gli anonimi e gli pseudonimi: 51 per cento sono i commenti positivi e 40 per cento quelli neutrali. Scendono però i commenti negativi: 9 per cento.
Secondo la ricerca, la media dei commentatori che utilizzano pseudonimi contribuisce alla discussione 6,5 volte di più dei commentatori anonimi e 4,7 volte di più dei commentatori identificati con il proprio nome.
Per considerare un commento “positivo”, Disqus ha considerato il numero degli apprezzamenti e il numero delle risposte ricevute, mentre un commento veniva considerato “negativo” se veniva segnalato come spam o cancellato.
“Qui a Disqus – ha affermato sul suo blog Daniel Ha, il fondatore della piattaforma – teniamo molto al concetto di pseudonimi online. Per noi lo pseudonimo implica una scelta di identità, i nomi non sono solo per l’autoidentificazione, ma sono una forma di espressione. Dall’altra parte, molti potrebbero dire che gli utenti anonimi e pseudonimi sono simili e che il web sarebbe migliore con commentatori che usano i propri nomi reali, perché la qualità sarebbe migliore. Mentre la Nymwars (il termine , si riferisce alla polemica nata in seguito alla decisione di Google Plus di vietare l’accesso agli pseudonimi e agli anonimi, ndr ) infuria, noi abbiamo deciso di dare un’occhiata ai nostri dati e fare qualche ricerca”.
L’analisi rischia, però, di non essere significativa in quanto quel 4 per cento identificato come “identità reali” è stato fatto coincidere con persone iscritte a Facebook. In sostanza, si è dato per scontato che tutti i commenti postati attraverso Facebook Connect fossero scritti da utenti registrati al social network con il proprio nome reale. Tuttavia, anche sulla “creatura” di Zuckerberg ci sono persone che utilizzano uno pseudonimo. Alcuni osservatori rilevano inoltre che molti utenti possano commentare con il proprio nome reale non necessariamente passando attraverso Facebook.
Un altro fattore che potrebbe gettare ulteriori perplessità sulla ricerca è che Disqus ha preso in considerazione solo 500mila dei circa mezzo miliardo di commenti che affollano la sua piattaforma. In pratica, un campione relativamente piccolo. Inoltre, anche se Disqus dovesse ripetere la ricerca prendendo in considerazione tutto il suo enorme database, raggiungerebbe un campione di certo più significativo del precedente, ma che rappresenterebbe solo la propria piattaforma, escludendo quindi tutti quei navigatori che non utilizzano Disqus.
Ad ogni modo, la ricerca, sia pur nella sua imperfezione, potrebbe aprire le porte a una nuova concezione dello pseudonimo e potrebbe abbattere quel comune pregiudizio secondo cui chi non rivela la propria identità su Internet è portato ad avere un pessimo comportamento.
Gabriella Tesoro