Da qualche anno a questa parte ogni volta che Apple annuncia i risultati fiscali, per un motivo o per l’altro si parla di record. In attesa dei risultati che verranno resi noti la prossima settimana, per meglio comprendere l’evoluzione della società della Mela, cosa c’è dietro questi record, e se sono realmente tali (in relazione ai reali progressi finanziari) vale forse la pena di fare un’analisi che prenda in considerazione tutti i dati disponibili degli ultimi cinque anni.
Il periodo 2007-2011 non è stato scelto a caso: nel 2007 la transizione dai processori PowerPC agli Intel era già terminata , quindi esaminando questo periodo possiamo escludere eventuali variabili dovute al delicato periodo del cambio di CPU; inoltre il 2007 è stato proprio l’anno del lancio di iPhone , quindi partendo da quest’anno potremo valutare come l’arrivo di questo dispositivo (così come l’arrivo di iPad nel 2010) abbia modificato le abitudini degli utenti spostando i settori di interesse e, di riflesso, le principali risorse di fatturato.
Prima di iniziare l’analisi (che prenderà in considerazione cinque differenti aspetti: vendite, fatturato, utili, investimenti, e andamento borsistico) un paio di precisazioni. I trimestri finanziari di Apple sono sfasati rispetto all’anno solare: per esempio il primo trimestre fiscale del 2010 si riferisce agli ultimi tre mesi (cioè il trimestre natalizio) del 2009, il che dovrebbe rendere chiaro perché certi picchi di fatturato e di vendita siano sempre relativi ai primi trimestri fiscali di ogni anno. In secondo luogo le fonti: i dati sono accessibili e verificabili da tutti partendo dall’ archivio dei comunicati stampa di Apple, mentre i numeri relativi agli investimenti in ricerca e sviluppo arrivano da un articolo di ZDNet (i cui dati trovano comunque conferma anche in molti altri siti); infine i grafici degli andamenti borsistici sono tratti da Yahoo , ma si possono ritrovare pari pari su qualunque sito offra un servizio simile.
Vendite
La prima cosa che si nota dando uno sguardo alle vendite di computer è la “stagionalità”, ovvero l’andamento di alti e bassi che si ripete con lo stesso andamento di anno in anno a seconda dei trimestri considerati. Questa variabile non è uguale in tutti i continenti: il trimestre natalizio è quello dove globalmente c’è un picco nelle vendite, picco che parrebbe trascinato verso l’alto dalle vendite europee, visto che negli USA il picco maggiore si ha invece nel trimestre precedente, quello caratterizzato dal ritorno a scuola degli studenti (il che, a mio avviso, evidenzia anche un diverso approccio all’informatica). Non mostra particolari tendenze di questo tipo l’andamento delle vendite nel continente asiatico, che in un crescendo quasi continuo dal 2007 ad oggi ha quintuplicato le vendite di computer Apple, facendo segnare la miglior performance di crescita rispetto a quella di tutti gli altri paesi e rispetto anche alla tendenza generale (il cui incremento è stato del 200 per cento). La crescita dei mercati extra-USA ha fatto si che il peso degli Stati Uniti passasse da una quota che si aggirava tra il 40 e il 45 per cento delle totale ad un più modesto 35, il che dovrebbe tradursi in una maggiore considerazione di tutti i mercati, anche se talvolta si assiste ancora a lanci differiti dei prodotti.
Parlando sempre di stagionalità ed esaminando gli altri prodotti Apple, iPod è il dispositivo che più risente di questo fattore: tant’è che nel trimestre natalizio le vendite raddoppiano, passando all’incirca da una media di 10 milioni di esemplari a 20 milioni. Una cosa che sorprende è che le vendite di iPod continuino a mantenersi elevate nonostante il crescendo di iPhone e degli altri smartphone. In realtà mancano dati specifici sulla vendita dei vari modelli di iPod, quindi qualsiasi ipotesi dovessimo fare in proposito potrebbe rivelarsi errata: possiamo supporre che le vendite di iPod rimangono alte grazie alla vendita del modello touch con iOS (e quindi con la possibilità di usare tutte le App) oppure grazie all’iPod nano, sicuramente più agevole di un iPhone per chi ascolta musica durante l’attività sportiva, nonché utilizzabile anche come orologio (anche se, ad onor del vero, nonostante i numerosi cinturini in vendita, non ho incontrato ancora nessuno che lo utilizzasse in quel modo). Detto questo, le vendite di iPod hanno comunque subìto un sensibile calo negli ultimi trimestri: a partire dalla seconda metà dello scorso anno, iPhone ha venduto più del lettore musicale (a parte l’inevitabile picco natalizio del 2010) e nella seconda metà del 2011 anche l’ultimo arrivato, iPad, ha superato le vendite di iPod. Dopotutto lo stesso Jobs decise di produrre l’iPhone (migrando alcune idee da un tablet che era già in sviluppo) pensando che nessuno, con in tasca un telefono capace di riprodurre musica, avrebbe più comprato un iPod.
L’analisi delle vendite non si ferma qui ma offre almeno altri due spunti di riflessione. Il primo riguarda il confronto tra le vendite di computer desktop e portatili: per tutto il 2007 e buona parte del 2008 i computer desktop rappresentavano una percentuale compresa tra il 60 e il 70 per cento del totale, con oscillazioni dovute all’alternanza nella presentazione dei nuovi modelli. Apple già da qualche tempo stava puntando maggiori risorse nel settore portatile e i numeri le hanno dato ragione: il 2009 e l’inizio 2010 videro una situazione di sostanziale pareggio (con i soliti alti e bassi legati alle presentazioni di nuovo hardware) ma dalla seconda metà del 2010 i portatili hanno preso il largo arrivando a conquistare i due terzi delle vendite totali di Mac. In questo contesto non va comunque dimenticato che anche la vendita di computer fissi continua a crescere: dal 2007 ad oggi la vendita di desktop Apple è grossomodo raddoppiata, mentre i portatili hanno operato il sorpasso quadruplicando (o quasi) la cifra iniziale.
Il secondo spunto di riflessione riguarda invece il confronto tra iOS e OS X, che sotto certi punti di vista diventa anche un confronto tra Mac e iPad, ovvero tra computer e tablet . Fino al 2007 la quota di iOS era ovviamente pari a zero e si mantenne a livelli bassi fino a metà del 2008, quando il lancio di iPhone 3G coinvolse tutto il mondo e non solo gli USA o pochi paesi europei. Da qual momento in poi la crescita dei dispositivi iOS è stata esponenziale, rallentata nell’ultimo trimestre solo dall’attesa del nuovo modello di iPhone, che poi ha fatto registrare ben 4 milioni di unità vendute nel solo week-end del lancio (e le prime voci sul trimestre natalizio parlano di nuovi record raggiunti grazie alla vendita congiunta di 3GS, 4 e 4S). iPhone a parte, possiamo notare come anche le vendite di iPad abbiano superato da subito le vendite di Mac, e questo andamento avrà sicuramente delle ripercussioni sulle scelte future di Apple: iOS, escluso il trimestre in corso, ha venduto complessivamente 185 milioni di dispositivi (di cui 40 milioni di iPad) e nel calcolo non sono compresi gli iPod Touch (stimabili in 70 milioni) e le AppleTV (che prima o poi potrebbero cominciare anch’esse a far girare le App vendute sull’iTunes Store). Di contro, nello stesso periodo, Apple ha venduto meno di 60 milioni di Mac: una cifra di gran lunga inferiore.
Fatturato
In linea generale il fatturato rispecchia, per ovvi motivi, gli stessi andamenti già visti per vendite, ma con alcune sottili differenze. Se la stagionalità nella vendita di computer aveva qualche differenza tra i vari continenti, il fatturato mostra gli stessi picchi natalizi in ogni parte del mondo, segno che il fatturato di questo trimestre è dettato principalmente dalla vendita di dispositivi diversi dal classico computer: nello specifico, ciò che più sembra influenzare il fatturato di Natale è iPod, al cui raddoppio numerico delle vendite corrisponde qualcosa in più del doppio se guardiamo l’andamento del fatturato (per Natale si comprano gli iPod più costosi?).
Complessivamente il fatturato cresce grazie al contributo di tutte le linee di prodotto (a parte iPod che, come accennato sopra, comincia a flettere a causa della concorrenza degli smartphone) ma la vera impennata la si può notare a partire dal 2009, dopo il lancio di iPhone 3GS, e ancor più nel 2010, dopo l’uscita di iPad, dispositivo che in poco più di un anno ha conquistato il 25 per cento del fatturato totale.
Parlando di percentuali, prima dell’uscita di iPhone erano ovviamente i Mac a farla da padrone, con percentuali prossime al 50 per cento del totale; iPod totalizzava gran parte del rimanente (soprattutto nel solito trimestre natalizio), mentre una quota del 10 per cento veniva realizzata dall’iTunes Store e un altro 10 per cento dalla vendita di software e accessori hardware. L’uscita di iPhone ha cambiato le carte in tavola: il telefono è arrivato a coprire, da solo, il 40 per cento del fatturato, con punte vicine al 50 nel secondo trimestre di quest’anno. Il primo a rimetterci è stato, per l’appunto, iPod, che è passato a un modesto 4-5 per cento. I Mac si sono ridimensionati ma conservano comunque una percentuale intorno al 20 per cento che è assolutamente compatibile col fatto che si siano aggiunte due nuove linee di prodotto (smartphone e tablet): se guardiamo alla sola linea Mac, dal 2007 ad oggi il fatturato è più che raddoppiato, e visto che vendite sono triplicate, significa che il prezzo medio del prodotto acquistato è sceso.
Parlando sempre di Mac, il confronto tra portatili e desktop presenta un andamento diverso rispetto a quanto riscontrato per le vendite: i portatili sono sempre state delle macchine mediamente più costose, e anche quando rappresentavano solo un terzo delle vendite, totalizzavano il 60 per cento del fatturato relativo alla vendita di computer. Ora che le proporzioni si sono invertite e che i portatili costituiscono più della metà di tutti i Mac venduti, la percentuale di fatturato dei portatili è salita “solo” al 70 per cento, segno che il prezzo medio di acquisto è cambiato: dai 1500 dollari/portatile del primo trimestre 2007 siamo passati ai 1250 attuali, mentre per i desktop siamo passati da un prezzo medio di 1420 dollari a 1310.
Un’ultima considerazione riguarda la suddivisione geografica del mercato. Nel 2007 il 50 per cento del fatturato era realizzato negli USA (forse qualcosa di più se consideriamo che gli Apple Store , conteggiati a parte, nel 2007 erano principalmente in USA); oggi gli Stati Uniti totalizzano solo un terzo dell’intero fatturato di Apple (più, ovviamente, la parte degli Store statunitensi). Sotto questo punto di vista possiamo notare come il continente asiatico si cresciuto di circa 15 volte, e anche l’Europa è passata da poco più di un miliardo di dollari agli oltre 7 miliardi dell’ultimo trimestre contabilizzato. Anche il Giappone è cresciuto di circa 5 volte, mentre sia gli USA che gli Apple Store hanno triplicato i propri introiti. Se per questi ultimi la crescita è sicuramente legata all’aumento dei punti vendita (solo in Italia se contano 9 nel 2011, mentre nel 2007 non ce n’era nessuno) la crescita del fatturato europeo è da attribuirsi in gran parte al successo di iPhone, mentre per il continente asiatico ci sono diversi fattori legati più in generale all’ampliamento del mercato. Utili
In termini assoluti gli utili di Apple ripercorrono il medesimo andamento del fatturato con i consueti picchi del primo trimestre fiscale. Se però focalizziamo l’attenzione sul margine lordo o sulla percentuale di utili rispetto al fatturato, possiamo notare come negli ultimi due anni ci sia stato un netto incremento di queste due voci. In parole povere, oltre a fare molto più fatturato, Apple realizza molti più utili: da un 15 per cento medio di utili nel triennio 2007-2009, si è passati al 21 per cento del 2010 e al 24 del 2011, mentre il margine operativo lordo è passato dal 34 al 40 per cento. Questo può significare due cose: o Apple riesce a vendere i suoi prodotti con un guadagno maggiore rispetto a prima, oppure (ed è l’ipotesi più probabile) negli ultimi due anni ha venduto in maggior quantità quella tipologia di dispositivi che offrono un margine maggiore, cioè i dispositivi iOS.
Non è un caso che questo incremento di margine si sia verificato proprio a partire dal consolidamento delle vendite di iPhone (ovvero dopo l’arrivo del 3GS, nell’ultimo trimestre fiscale del 2009) e si sia ulteriormente accentuato con l’arrivo di iPad e iPhone 4.
Sul perché Apple riesca a vendere con questi margini (più alti rispetto alla concorrenza) si possono fare diverse ipotesi: qualcuno dirà che gli utenti Apple sono disposti a comprare “qualsiasi cosa a qualsiasi prezzo purché abbia il simbolo della mela”, ma se il discorso fosse così limitativo non si spiegherebbero i 40 milioni di iPad, i 145 milioni di iPhone, e le vendite triplicate dei Mac. Possibile che milioni di persone si siano improvvisamente scoperte fantici Apple senza saperlo?
Wozniak (spesso contrapposto a Jobs per il diverso modo di porsi nei confronti dell’informatica) all’uscita di iPad, rispondendo a una domanda specifica sull’ecosistema chiuso del mondo Apple, fece una considerazione molto interessante: “Apple ti fa entrare nel recinto dei giochi e fa in modo che ci resti, ma la cosa presenta dei vantaggi (il principale è la semplicità). A me piacciono i sistemi aperti ma io sono un hacker. La maggior parte della gente vuole cose facili da usare. Il genio di Steve consiste nel fatto che lui sa come rendere le cose semplici. E per farlo, a volte, è necessario controllare tutto” (tratto da Steve Jobs , di Walter Isaacson – Mondadori 2011). Solo attraverso il controllo completo di hardware, software e servizi, si riesce a spiegare l’alchimia Apple: ci sono diversi esempi di oggetti che Apple, pur non inventando nulla di nuovo, è riuscita a realizzare nel modo giusto per avere successo. Ma non è questo il tema dell’articolo: questa breve parentesi serve solo a giustificare il perché Apple possa anche “permettersi” di vendere i propri prodotti con un margine di guadagno così ampio. Investimenti
I dati sugli investimenti sono quelli sui quali ci possiamo sbizzarrire di più. Riguardo questo dato, i giudizi su Apple si dividono solitamente in due categorie: la prima, guardando solo alla percentuale degli investimenti, dice che Apple investe sempre meno, cosa che non le farebbe onore visto che si presenta al mondo come azienda innovatrice; la seconda categoria, guardando solo ai numeri assoluti, sostiene invece che investe troppo e può permettersi di farlo perché, sfruttando la manodopera dei paesi a basso costo, ha più soldi da investire.
Personalmente mi sento di dissentire da entrambe queste posizioni per vari motivi, in particolare dalla prima. Se è vero che Apple investe una percentuale sempre più bassa del proprio fatturato in ricerca e sviluppo, è anche vero che il fatturato è praticamente quadruplicato negli ultimi cinque anni quindi, in termini assoluti, gli investimenti sono comunque aumentati. Dai 792 milioni di dollari del 2007 si è arrivati ai 2,381 miliardi di dollari del 2011: nel quinquennio preso in esame gli investimenti sono triplicati, il che fa cadere la tesi che Apple stia riducendo gli investimenti.
Detto questo, fare un confronto con le aziende concorrenti diventa un po’ difficile perché, come detto sopra, non esiste un’altra azienda che abbia il controllo completo su hardware (inclusi i processori, parlando dei dispositivi iOS di Apple), software (in particolare i sistemi operativi iOS e OS X), e servizi (da iTunes Store alla catena di negozi veri e propri, gli Apple Store). Chi produce hardware (come Samsung, Nokia o HTC) utilizza il sistema operativo di altri (Android di Google o Windows Phone di Microsoft) e magari si propone sul mercato con linee di prodotto differenti (Nokia produce anche telefoni da 50 Euro). Viceversa chi sviluppa il sistema operativo (per l’appunto Microsoft o Google) non produce hardware ma vende licenze agli altri, senza contare alcuni paradossi per cui Microsoft guadagna più dalle vendite di Android (per questioni di royalty su alcuni brevetti) che dalle vendite del proprio sistema. Sul fronte dei servizi la situazione è ancora più confusa, sia come negozi di musica e applicazioni, sia come negozi dedicati: Apple, con la sua “chiusura” detiene l’esclusiva nella vendita di software per iOS, condizione non gradita a molti ma che le consente da un lato di controllare cosa verrà installato sui propri dispositivi (e quindi, per certi versi, la cosiddetta “esperienza utente”) e dall’altro di fare cassa per i suoi investimenti.
Per portare avanti questa politica di integrazione tra hardware, software e servizi, Apple si ritrova a dover investire su più fronti, con due differenti sistemi operativi e quattro diverse linee di prodotto, e questo giustifica l’entità assoluta degli investimenti. Inoltre la società di Cupertino fattura oltre un miliardo e mezzo di dollari dalle vendite su iTunes, un servizio che nessun altro produttore di hardware può vantare, non perlomeno con questo ordine di grandezza, e che porta ulteriori utili che possono essere investiti in ricerca e sviluppo. Se il fatto di investire di più fosse legato solamente ai maggiori margini ottenuti con la manodopera a basso costo dell’assemblaggio, ci sarebbero molte altre aziende nella stessa identica posizione, e probabilmente ci sono: ma investono in modo diverso e in direzioni diverse.
Al di là di tutto, pochi o tanti che siano, bisogna riconoscere che uno dei pregi di Apple è quello di riuscire a focalizzare i propri sforzi in direzioni ben precise, senza disperdere troppe risorse in progetti che non possono avere futuro. Tanto per fare un esempio, l’idea di iPhone con schermo multitouch nacque in un tempo relativamente breve da un altro progetto interno che puntava alla realizzazione di un tablet (iPhone fu una sorta di “campo di prova” per della realizzazione di iPad) e comportò l’immediato abbandono di uno studio che mirava a dotare il classico iPod con ghiera di capacità telefoniche. Non si discusse di diversi modelli e non si prese nemmeno in considerazione l’idea di aggiungere una tastiera fisica: iPhone era ed è uno solo, ogni anno c’è un nuovo modello sempre con la medesima proporzione e risoluzione dello schermo (ci fu solo un “preciso” raddoppio con l’introduzione del Retina display) e con un unico pulsante che non permette ambiguità di gestione tra vari modelli o tra le diverse applicazioni. Focalizzare gli sforzi in un’unica direzione evita di disperdere risorse, e anche se quando si è prossimi alla fine è necessario reinventare tutto perché il prodotto non convince (in Apple si è fatto spesso anche questo) lo sforzo rimane comunque unico, indirizzato su un solo prodotto. Certo, non è una strategia esente da difetti, e Apple ha preso anch’essa diverse cantonate ma le performance globali degli ultimi anni ci lasciano quantomeno supporre che gli investimenti in ricerca e sviluppo della Mela abbiano prodotto risultati migliori rispetto alla maggior parte degli concorrenti. AAPL
La fonte dati per l’analisi del titolo AAPL ci consente sia di fare qualche considerazione legata ai cinque anni già esaminati sopra, sia di andare facilmente indietro nel tempo fino alla nascita di Apple, per meglio comprenderne l’evoluzione. Per valutare ancora meglio la situazione possiamo fare anche un confronto tra l’andamento del titolo AAPL e quello di altri grandi big del settore (Microsoft, Google, o HP) oltre che con l’andamento medio di Wall Street e del listino tecnologico (il NASDAQ).
Negli ultimi 5 anni Apple è la società che ha avuto la maggiore crescita del valore azionario, risultato quasi scontato viste le performance di cui abbiamo parlato sopra. Detto questo, si nota facilmente che fino all’inizio del 2010, al di là delle curve più o meno accentuate delle varie società, le curve presentano un andamento simile, con il 2007 in forte crescita (lo si vede chiaramente anche sui grafici di Google e Microsoft) un primo stop nel 2008, e la temporanea ripresa fino al secondo crollo nell’economia mondiale nel 2009. Dopo la fase peggiore, cioè la primavera del 2009, è iniziata una leggera ma costante ripresa, ripresa che per Microsoft, Google e HP si è arrestata a inizio 2010, mentre per Apple è andata crescendo fino ad ora, raggiungendo il +400 per cento rispetto al gennaio 2007. L’unica altra azienda che ha realmente guadagnato qualcosa (vicino al 50 per cento) è stata Google.
Se dovessimo cercare un evento in grado di giustificare questo differente comportamento, possiamo dire che all’inizio del 2010 è stato lanciato iPad, prodotto tanto discusso (nel bene e nel male) ma che indubbiamente ha segnato una svolta nella storia di Apple (e forse anche in quella dell’informatica, visto che prima d’allora il tablet era rimasto un prodotto di nicchia). Difficile, se non impossibile, capire se veramente il tablet della Mela sia stato l’elemento in grado di segnare la differenza: dopotutto nel corso del 2007 la crescita di Apple era più ripida, ma anche quello era un periodo particolare, quello del lancio di iPhone.
Sotto certi punti di vista è però più interessante andare ad esaminare l’andamento del titolo AAPL a partire dalla sua nascita . Fino al 1989 Apple e Microsoft vanno di pari passo, il che non stupisce visto che tra Jobs e Gates ci furono diversi accordi sulla fornitura di software, sia per l’Apple II che per il Mac (le prime versioni di MS-Word e MS-Excel furono sviluppate proprio per il Mac). L’avvento dei PC-IBM compatibili segnò però un punto di svolta: dal 1990 al 2000 la crescita di Microsoft è inarrestabile (anche HP cresce, con tutto il NASDAQ) mentre AAPL si ferma, accusa i primi colpi al ribasso con l’uscita di Windows 3.1, e dal 1995 inizia una discesa costante che la porta a valori minimi nell’ottobre del 1997, prima dell’acquisto della NeXT e del reintegro di Jobs.
Da lì inizia la ripresa ed Apple (spinta da iMac e dalla riorganizzazione interna) cresce più rapidamente di tutti, perlomeno fino al 2000, quando lo scoppio della bolla tecnologica fa segnare uno stop dell’intero settore. Microsoft, nonostante primeggi come crescita totale nel periodo considerato, non ha più raggiunto i livelli del 2000, e lo stesso si può dire di HP e del NASDAQ. Apple, che pure aveva perso più di tutti, ha iniziato la ripresa nel 2003 e ci sono voluti quasi due anni per tornare ai valori del 2000; da lì in poi però la crescita è stata continua e costante, a differenza dei grafici della concorrenza che si sono quasi appiattiti (a parte Google la cui storia è però più recente). Dal 2007 in poi vale l’analisi fatta sopra.
Conclusioni
In attesa di verificare cos’è successo nel trimestre natalizio (i cui numeri trapelati finora lasciano comunque pensare positivo) e di vedere come proseguirà la storia della Mela sotto la guida di Tim Cook, questa analisi può dare un’idea generale dell’evoluzione di Apple negli ultimi cinque anni. che hanno segnato una grande trasformazione di questa azienda. Il lancio di iPhone, il successo di iOS e di AppStore, l’arrivo di iPad, hanno cambiato le regole e rimescolato le carte in tavola: oggi Apple guadagna più da questo settore che non dal settore computer (che è comunque in crescita), e questo potrebbe influenzare le sue strategie future.
Domenico Galimberti
blog puce72
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