WebTheatre/ Se la serie s'allunga

WebTheatre/ Se la serie s'allunga

di G. Niola - Cambia la durata, e cambiano di riflesso la messa in scena e le abilità necessarie per portare avanti il progetto. E la complessità fa vedere gli zombie
di G. Niola - Cambia la durata, e cambiano di riflesso la messa in scena e le abilità necessarie per portare avanti il progetto. E la complessità fa vedere gli zombie

Mentre negli Stati Uniti le webserie cominciano ad abbattere gli steccati del web per finire su diversi device e diversi schermi, mutando forma e linguaggio per avvicinarsi sempre di più allo stile televisivo (anche grazie alle molte star e registi noti che vi prendono parte), in Italia, in mancanza un ecosistema tecnologico a livello (nessuno ha set top box o televisioni connesse), le webserie subiscono uno strano e immotivato allungamento di durata.

Se già la prima stagione di Freaks aveva visto un progressivo allungarsi dei tempi (e la seconda dovrebbe essere tutta su quelle lunghezze, andando sempre più vicini ai 45 minuti canonici delle serie tv americane), anche altre webserie seguono l’esempio abbandonando la fruizione mordi e fuggi dei circa 5 minuti ad episodio per abbracciare la durata tipica del mediometraggio (tra i 20 e i 30 minuti).
È il caso di Skypocalypse , serie di cui già si parlò e che negli ultimi mesi è passata attraverso diverse mutazioni, evoluzioni e cambiamenti.
Sebbene non abbia ancora chiuso la prima stagione, la webserie che raccontava di un’apocalisse zombie senza mai mostrarla, ma mettendo in connessione i sopravvissuti tramite videoconferenza Skype, ha lentamente cambiato le carte in tavola, allungando i propri tempi a dismisura.

skypocalypse

Prendendosi qualche pausa di riflessione e tornando ogni volta con una durata maggiore, la serie di Mattia Ferrari e Mattia Pozzoli ha nel tempo acquisito una sigla, una trama intricata, personaggi secondari (più che altro appartenenti ad una “fazione opposta”) e ritrovato alcuni nomi illustri che si erano persi.
Nella penultima puntata andata online è infatti tornato Yotobi , vlogger tra i più seguiti, originariamente parte del team Skypocalypse ma scomparso dopo le prime puntate in seguito a divergenze creative. E forse proprio il cambio in corsa del tono della serie ha gettato le basi per il ritorno di Yotobi e per l’entrata ( nell’ultima puntata ) di Daniele Doesn’t Matter , altro nome e volto notissimo di YouTube.

Queste partecipazioni non arrivano però senza delle concessioni.
Sebbene già se ne fossero avute delle avvisaglie in alcuni episodi, ora in maniera stabile Skypocalypse deroga al suo dogma formale principale, ovvero mostrare solo conversazioni Skype e attraverso quel tipo di narrazione raccontare (per negazione) tutto ciò che sta fuori dalla portata delle webcam (l’apocalisse zombie). Il 12esimo episodio si apre con l’immagine di un fantomatico uomo misterioso (Daniele doesn’t matter) ripreso di spalle di fronte ad una finestra di una specie di grattacielo da cui si vede una città distrutta. Un moderato sforzo di effettistica che ratifica il cambio di rotta di una serie che, per contingenze tecniche, continua ad essere per il 90 per cento girata via Skype ma di fatto cerca sempre di più di far vedere anche altro.

Allungamento della durata e cambi di format sembrano andare di pari passo. Una durata maggiore rende il progetto più complesso e porta ad una naturale estensione di scenari e personaggi che aiutino a riempire un contenitore che vuole essere più grande mantenendo l’interesse e la complessità (dunque ingrandendo anche queste). Non necessariamente un racconto lungo richiede più abilità o esperienza di un racconto breve, ma di certo richiede doti e pianificazioni diverse.
Fin da lonelygirl15 le webserie che nascono con microframmenti narrativi e che in corsa si estendono (in quel caso l’estensione non era interna agli episodi ma basata sul moltiplicarsi del numero degli episodi stessi) causano una perdita della bussola e un generale cambio di tono della trama.

Non è quindi qualcosa di riferibile solo a Skypocalypse: webserie dalla durata media più lunga hanno necessariamente altre ambizioni, altri svolgimenti e altri toni. Questo non perché la durata sia l’elemento caratterizzante per eccellenza, ma perché ha molta importanza se chi realizza non ha l’esperienza sufficiente per muoversi con scioltezza nelle pieghe di un racconto.

Gabriele Niola
Il blog di G.N.

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Pubblicato il
23 feb 2012
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