Internet 2020, odissea nelle app

Internet 2020, odissea nelle app

Uno studio ha raccolto le opinioni degli esperti circa il futuro della Rete. E il verdetto è: sarà il trionfo delle webapp scritte con HTML5, e tutto un fiorire di cloud computing ubiquo
Uno studio ha raccolto le opinioni degli esperti circa il futuro della Rete. E il verdetto è: sarà il trionfo delle webapp scritte con HTML5, e tutto un fiorire di cloud computing ubiquo

Un recente studio condotto dallo statunitense Pew Research Center Project ha raccolto le opinioni di oltre mille operatori e esperti di tecnologia, riprendendo il dibattito su un eventuale futuro in cui il browser sarà abbandonato come strumento principale di navigazione a favore delle app, già ampiamente impiegate nei dispositivi mobile.

A innescare il dibattito erano stati due articoli di Wired , uno del direttore Chris Anderson e l’altro dell’editorialista Michael Wolff: in essi si intesseva un discorso “non esclusivamente legato alla tecnologia e al business che prevarrà ma che riguarda differenti visioni del modo in cui le persone avranno accesso alle informazioni, all’apprendimento, all’intrattenimento e alla creazione di materiale in collaborazione con altri nell’era digitale”.

Il tutto partiva dalle considerazioni circa l’evoluzione e la trasformazione del Web creata dalla diffusione dei dispositivi mobile (smartphone, ma anche tablet ed e-reader) e di macro-piattaforme sempre più onnicomprensive come Facebook.

Nel frattempo diversi dati e opinioni si sono inserite in questo filone di analisi: Tim Berners-Lee ha scritto su Scientific American che “il Web come lo conosciamo è ormai minacciato” e che “può finire per essere frammentato in diverse isole separate”; l’ultima statistica redatta da Pew Research Center’s Internet & American Life Project sull’argomento mostra come due terzi degli adulti statunitensi si colleghino ormai attraverso dispositivi mobile; i dati raccolti da Cisco parlano di 10 miliardi di dispositivi mobile connessi ad Internet entro il 2016 (che, con una popolazione stimata di 7,3 miliardi di persone significherebbe 1,4 dispositivi a testa) e di un traffico cresciuto del 50 per cento: il Gruppo Gartner ha predetto, infine, entro il 2015 che “smartphone e tablet supereranno i PC con un rapporto di quattro ad uno”.

Nel frattempo, poi, Apple ha raggiunto le 25 miliardi di app scaricate attraverso App Store e Google quota 10 miliardi attraverso Android Marketplace Google Play e secondo altri studi , poi, il tempo passato sulle app ha superato quello speso sul browser già a giugno 2011: dati che rappresentano chiaramente la sempre maggiore importanza delle applicazioni utilizzate su dispositivi mobile nella vita e nelle abitudini di consumo degli utenti.

Ora una nuova statistica condotta sempre da PEW ha ribadito le posizioni sostenute dagli editoriali Wired , chiedendo agli intervistati, una popolazione volontaria ma selezionata di operatori e osservatori tecnologici, di pensare alla prospettiva del 2020 e schierarsi pro o contro le previsioni relative all’evoluzione di Internet nel senso di uno spazio gestito via app specifiche.

A sostegno di un’abbandono di una Rete così come la conosciamo, a favore di una visione di Internet parcellizzato in diverse sessioni specifiche gestite via app, si è schierato il 59 per cento degli intervistati, mentre il 35 si è detto contrario.

In realtà, a parte questo schieramento dettato da una domanda che imponeva una risposta secca, i poco più di mille intervistati hanno espresso una serie di considerazioni più dettagliate a partire dalla tesi di Anderson e Wolff: in buona parte si tratta di una posizione più grigia , in cui al Web si sovrapporranno le evoluzioni generate dalla diffusione delle app, senza però sostituirvisi.

Robert Cannon, consigliere per la normativa legata ad Internet della Federal Communications Commission , sottolinea in particolare come “la progettazione di base aperta e scalabile la rendono sempre una soluzione convincente”. Jeff Jarvis, blogger e professore all’Università di New York, dice invece che: “Il browser, o un suo epigono, continuerà ad avere vantaggi rispetto alle app. È collegato alla Rete intera ed offre piena interoperabilità, lasciando all’utente più potere rispetto a sviluppatori o editori”.

D’altra parte, chi si schiera dalla parte della visione che vede la prossima vittoria delle app punta sulla facilità di utilizzo e sulla spinta proprio degli imprenditori e degli editori. Proprio da questi ultimi in particolare, d’altronde, sembra arrivare la spinta fondamentale verso le app: un mezzo visto fin dal principio come opportunità per riprendere il controllo dei contenuti e magari invertire la tendenza al gratuito con la possibilità di introdurre modelli di business alternativi a quelli basati sull’advertising.

A questo considerazioni occorre poi aggiungere che a giocare un ruolo fondamentale per i browser potrebbe essere il protocollo HTML5, che garantisce nuove “libertà” e nuove forme ai contenuti distribuiti con esso (come sottolinea, per esempio, Hal Varian, chief economist di Google) e che al contempo consente alle app di allargarsi su Web. Rob Scott, chief technology officer di Nokia, arriva a dire che “quando i browser con funzionalità HTML5 saranno completi e pienamente accessibili da tutti i PC e dal più comune Kindle fino a iPhone, allora le Webapp sostituiranno le app native”.

Un altro fattore da calcolare è poi costituito dal cloud computing : secondo Jeffrey Alexander, senior technology analyst di SRI International , “l’infrastruttura cloud significa che le app avranno una capacità di elaborazione paragonabile a quella delle applicazioni Web tradizionali, e in molti casi anche superiore alla nostra concezione odierna del Web”.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
26 mar 2012
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