AGCOM, autorità una e trina?

AGCOM, autorità una e trina?

di G. Scorza - Calabrò alla seconda audizione in Senato. Emerge il testo del provvedimento che il Governo dovrebbe varare per affidare ad AGCOM i poteri per vigilare sul rispetto del diritto d'autore online. Inaccettabile, nel metodo e nel merito
di G. Scorza - Calabrò alla seconda audizione in Senato. Emerge il testo del provvedimento che il Governo dovrebbe varare per affidare ad AGCOM i poteri per vigilare sul rispetto del diritto d'autore online. Inaccettabile, nel metodo e nel merito

Altro che Governo dei professori, del rilancio e del futuro. Quello del Professor Mario Monti rischia di passare alla storia come il Governo più nemico della Rete che il Paese abbia avuto negli ultimi anni. Ma stiamo ai fatti che giustificano un giudizio tanto severo. Anna Masera, sulle pagine de La Stampa , pubblica il testo del provvedimento che il Governo, stando a quanto anticipato dal Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nel corso delle sue recenti audizioni dinanzi al Senato, si accingerebbe a varare.
Si tratta, purtroppo, di quanto già anticipato su queste pagine.

Con il Provvedimento in questione il Governo affiderebbe – il condizionale è conseguenza del carattere non ufficiale del documento pubblicato sulle pagine de La Stampa e del silenzio della Presidenza del Consiglio dei Ministri – all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni il compito di vigilare sul rispetto della disciplina in materia di diritto d’autore online, di risolvere le relative controversie e, come se non bastasse, di dettare le regole che governeranno i procedimenti relativi alla rimozione dei contenuti pubblicati in violazione del diritto d’autore online.

Un’Autorità una e trina, dunque. Un’Autorità che – caso più unico che raro in un paese democratico – è tenutaria, in relazione ad una materia tanto rilevante come la circolazione dell’informazione e del sapere nello spazio pubblico telematico, dei tre poteri dello Stato: quello legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario.
È una decisione di inaudita gravità inaccettabile nel metodo e nel merito.
Ecco le ragioni di metodo.

1. Gap di Trasparenza
L’iniziativa del Governo è stata gestita – e continua ad essere gestita – nelle segrete stanze di Palazzo Chigi, nonostante la rilevanza del tema del quale si discute e l’esistenza, ormai da mesi, di un dibattito pubblico senza precedenti che a Palazzo Chigi non può essere sfuggito.
È una scelta istituzionalmente offensiva nei confronti dell’opinione pubblica che un Premier come Mario Monti che nella sua prima conferenza stampa aveva annunciato di voler procedere – “alla maniera europea” – in modo trasparente e con ampie consultazioni non avrebbe dovuto permettere venisse assunta dai suoi uomini.
È urgente, per rimediare, che il testo ufficiale del provvedimento – in bozza – venga pubblicato sulle pagine del sito di Palazzo Chigi o che il Governo smentisca.

2. Balle di Stato
Il provvedimento sarebbe intitolato “Disposizioni interpretative in materia di competenze dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”.
Si tratta di una clamorosa mistificazione della realtà. Il provvedimento, infatti, non interpreta nessuna precedente disposizione di legge perché non esiste nessuna previsione normativa che attribuisca all’Autorità Garante poteri tanto ampi ed incisivi. È una balla di Stato. L’ennesima in questa brutta vicenda. Il Governo sta attribuendo – ex novo – ad AGCOM poteri che non le competono e che, in ogni caso, nessuna norma di legge – né in modo implicito né in modo esplicito – allo stato, le attribuisce.

3. Tardivo e salva-AGCOM
Sono mesi che si discute del fatto che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è priva dei poteri necessari a varare il regolamento che l’industria editoriale ed audiovisiva italiana – con la connivenza di una buona fetta dell’emiciclo parlamentare – le ha commissionato. Ora, a qualche settimana dal rinnovo dei Commissari AGCOM, il Governo sana questa situazione di palese illegalità attribuendo all’Authority poteri senza precedenti nella storia della Governance della Rete.

Queste, invece, le ragioni di merito.
1. L’informazione online è un bene comune
Il Governo sta affidando a 5 persone – tanti saranno i membri della nuova Autorità – il potere di dettare le regole che governeranno l’accesso dei cittadini italiani all’informazione online da chiunque ed ovunque pubblicata nel mondo. È una materia che non può essere sottratta al dibattito parlamentare e, soprattutto, non può essere affidata ad un numero tanto ristretto di individui nominati con un meccanismo oscuro, non meritocratico e governato da logiche di lottizzazione politica.
L’informazione ed il sapere sono i più preziosi tra i beni comuni di una democrazia. Un Governo che se ne preoccupa tanto poco da affidarne la disciplina ad un Autorità semi-indipendente è un Governo che non ha a cuore le sorti ed il futuro del Paese.

2. L’accesso alla Rete è più prezioso del diritto d’autore
Nei casi di particolare gravità o di reiterazione delle condotte illecite, l’Autorità inoltre dispone la disabilitazione dell’accesso al servizio o, solo se possibile,  ai contenuti resi accessibili in violazione della legge 22 aprile 1941, n. 633. “. È una previsione che dà il polso dell’approccio che il Governo ha al tema dell’informazione online.
La pubblicazione – ancorché reiterata – di un contenuto in violazione del diritto d’autore (ad esempio un video amatoriale o di satira con una musica di sottofondo abbinata senza la necessaria autorizzazione) legittima l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni a disporre, di norma, la disabilitazione dell’intero servizio (forse stanno pensando di chiudere l’accesso a Facebook o a YouTube dall’Italia?) salvo che non risulti possibile ottenere un blocco selettivo all’accesso al solo contenuto pubblicato in violazione delle regole. Anche a voler seguire l’impostazione perversa e liberticida della Presidenza del Consiglio, la norma avrebbe dovuto essere scritta in termini esattamente contrari: l’Autorità dovrebbe fare il possibile per ottenere la rimozione del singolo contenuto pubblicato in violazione del diritto d’autore e, solo in ipotesi del tutto eccezionali (ed all’esito di un giudizio comparativo tra gli interessi tutelati alla libertà di informazione ed al diritto d’autore), poter dettare un ordine di inibitoria alla fruizione di un intero servizio dal nostro Paese. Si sta ipotizzando di chiudere l’accesso alla Rete dal nostro Paese per proteggere qualche centinaia di migliaia di euro di diritti d’autore destinati, peraltro, in massima parte, ad un’industria che non batte più da tempo bandiera italiana.
È un’autentica follia ed è un disegno costituzionalmente insostenibile. L’accesso alla Rete, nel 2012, significa libertà di comunicare e. dunque, costituisce uno dei diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino.

Ora la parola tocca al Governo dei professori. Può scegliere di proseguire su questa strada e passare alla storia come l’Esecutivo che ha fatto carne da macello della libertà di informazione nel nostro Paese, superando – in peggio – il suo predecessore nemico, per ragioni personali, di Internet e dell’informazione libera. O, invece, chiedere scusa agli Italiani ed ammettere di essersi un po’ troppo lasciato tirare dalla giacchetta dei soliti noti.
Quale che sia la posizione che il Premier vorrà assumere, l’importante è che lo faccia al più presto.

Frattanto – considerati gli straordinari poteri – dei quali i nuovi cinque membri dell’AGCOM si troveranno a disporre, diventa ancora più determinante chiedere ed esigere trasparenza nelle loro nomine, come la società civile ha già iniziato a fare attraverso la campagna VogliamoTrasparenza.it .

Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione
www.guidoscorza.it
Coordinatore Open media Coalition
www.vogliamotrasparenza.it

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Pubblicato il 29 mar 2012
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