Pirati d'Italia, guerra sul vessillo

Pirati d'Italia, guerra sul vessillo

L'associazione guidata da Athos Gualazzi contro il movimento di Marco Marsili Pirate Party. Il Tribunale di Milano impone a quest'ultimo di abbandonare il nome e il simbolo dei pirati tricolore
L'associazione guidata da Athos Gualazzi contro il movimento di Marco Marsili Pirate Party. Il Tribunale di Milano impone a quest'ultimo di abbandonare il nome e il simbolo dei pirati tricolore

Una battaglia senza esclusione di colpi, il cui clamore è giunto davanti al giudice della sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale del Tribunale di Milano. I pirati d’Italia l’uno contro l’altro armati , nella sfida legale più paradossale: chi ha l’effettivo diritto di mantenere il nome Partito Pirata? Ironia curiosa della sorte, chi vuole la riforma del diritto d’autore impelagato in questioni di proprietà intellettuale.

“Qui non si tratta di copyright – ha subito spiegato Athos Gualazzi, attuale presidente dell’Associazione Partito Pirata – Noi vogliamo una profonda revisione delle leggi sul diritto d’autore. Qui parliamo di un vero e proprio furto d’identità. C’è un tentativo di depistare sin dall’inizio la nostra esperienza politica da parte di persone che noi riteniamo pagate dalla SIAE e dalle major”.

E chi ha rubato l’identità all’associazione nata nel 2006 sulla scia del movimento svedese di Rick Falkvinge? Nel mirino è finito il Pirate Party , già autodefinitosi “il partito pirata italiano” e comunque fondato a Milano anni dopo la fazione guidata da Gualazzi . Capitanato dal 43enne Marco Marsili – docente di comunicazione e giornalista – il Pirate Party si propone con lo slogan “Tutto il potere al Popolo sovrano”.

“Noi siamo persone con esperienze di politica, loro sono solo un’associazione culturale – ha ribattuto il portavoce Marco Marsili – Vivono attaccati alla tastiera e se stacchi la corrente muoiono. In questi anni nessuno ha mai sentito parlare di loro e adesso approfittano della visibilità ottenuta da noi. Ma politicamente non esistono”. Una guerra aperta, scatenata da una lettera di diffida inviata dal Partito Pirata.

Il giudice di Milano ha ora ordinato al movimento Pirate Party e a Marco Marsili “la cessazione dell’uso di ogni forma e contesto dei nomi Partito Pirata, Pirateparty e/o Pirate Party, anche come nome di dominio Internet”. Il movimento politico dovrà inoltre abbandonare il segno grafico della vela rigonfia verso destra inserita in un cerchio . Con una eventuale multa di 500 euro per “ogni violazione contestata” dopo un periodo di 15 giorni.

Resta da capire come avverrà ora l’annunciato debutto del movimento in occasione delle elezioni amministrative del 6 e 7 maggio . “Saremo presenti in oltre 20 comuni del Nord Italia – si legge sul sito ufficiale del Pirate Party – principalmente Lombardia e Piemonte, per un test elettorale in vista delle prossime elezioni politiche”.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
3 apr 2012
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