Il chip che fa errori risparmia energia

Il chip che fa errori risparmia energia

Ricercatori statunitensi provano a ridurre drasticamente il consumo energetico dei processori concedendo loro un certo margine di errore nei calcoli. Il debutto sul mercato atteso a breve
Ricercatori statunitensi provano a ridurre drasticamente il consumo energetico dei processori concedendo loro un certo margine di errore nei calcoli. Il debutto sul mercato atteso a breve

Si torna a parlare di chip “probabilistico”, il processore realizzato da Krishna Palem per la Rice University che “fa errori” ma guadagna in efficienza energetica e computazionale. L’obiettivo è ridurre drasticamente la quantità di energia necessaria al funzionamento di dispositivi elettronici, e i ricercatori promettono di mettere sul mercato macchine basate sul chip in tempi relativamente brevi.

Nato da una partnership tra quattro università sparse per il mondo (due negli States, una in Svizzera, una a Singapore), il chip probabilistico sacrifica l’esattezza del risultato nei calcoli adottando una serie di tecniche per ridurre il numero di componenti e la necessità che questi funzionino sempre al massimo delle loro capacità.

L’obiettivo è raggiungere un livello di errore “tollerabile”, che permetta di avere risultati accettabili e persino trasparenti all’occhio umano (per esempio nel processing di immagini digitali o nella fruizione di materiale multimediale) aumentando grandemente l’efficienza e riducendo il consumo energetico.

Gli ultimi prototipi realizzati dal team di Palem sono 15 volte più efficienti dei chip tradizionali, con percentuali di errore (massima) tarata sull’8 per cento: in questo caso estremo gli errori cominciano a essere visibili a occhio umano.

In sviluppo da svariati anni, il chip probabilistico della Rice University dovrebbe presto debuttare sul mercato all’interno di prodotti elettronici propriamente detti: le prime applicazioni pratiche della tecnologia dovrebbero essere un nuovo prototipo di impianto acustico e tablet a basso costo realizzati per gli studenti indiani (2013).

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
22 mag 2012
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