Agli inizi dello scorso aprile sembrava vicinissimo al grande traguardo, ai vertici dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM). Giurista e docente universitario, Vincenzo Zeno Zencovich era tra le figure più accreditate per il dopo-Calabrò, gradito sia a Palazzo Chigi che al Quirinale. Poi, il brusco segnale di stop mostrato dal Segretario del Partito Democratico (PD) Pier Luigi Bersani: “la notizia di stampa secondo la quale il segretario del PD avrebbe dato il via libera all’indicazione di Zeno Zencovich al vertice dell’Agcom non ha fondamento”, si leggeva in un comunicato ufficiale diramato dal partito.
Qualche mese dopo, il nome di Zeno Zencovich candidato all’AGCOM circolava ancora online, in una “lista aggiornata” di papabili. Probabilmente il frutto di semplice voci a mezzo stampa e non di un’effettiva candidatura che, secondo il professor Zencovich, non potrebbe proprio stare in piedi. Contattato per la serie di interviste ai candidati per AGCOM, Zencovich ha risposto alla redazione di Punto Informatico con una lettera, che riportiamo integralmente di seguito.
Da più parti sono stato contattato nella mia presunta qualità di candidato all’AGCOM per rispondere a questionari nei quali viene chiesto di prendere posizione in ordine ad importanti tematiche di attualità. In realtà io non sono nè posso essere “candidato”. All’opposto – com’è a tutti noto – avendo io partecipato alla congiura di Catilina ed essendo l’estensore occulto della “legge truffa” – sono tutt’altro che “candido”, anzi, sono “l’uomo nero”.
Celie a parte, sia consentito esprimere qualche considerazione sull’idea di “questionare” i candidati. Ritengo che sia sacrosanto chiedere di conoscere le competenze specifiche di chi aspira ad un posto di responsabilità e che queste siano ampiamente pubblicizzate. Ma ritengo PROFONDAMENTE SBAGLIATO che un candidato al posto di commissario presso una autorità amministrativa indipendente – quale che essa sia – prenda posizione sui suoi futuri impegni.
Ho l’impressione che si confonda il ruolo politico con quello amministrativo: il candidato politico deve prendere posizione, deve guadagnarsi i consensi, deve superare i concorrenti. Chi deve amministrare – tanto più in una amministrazione indipendente – non deve assumere alcun impegno, non deve promettere alcunchè o fare qualsiasi dichiarazione che ne evidenzi in partenza la parzialità.
Sempre, se mi è consentito, ritengo che coloro i quali rispondono a questo o a altri questionari stanno sbagliando mestiere; fanno bene a presentarsi alle elezioni, non all’AGCOM o altra autorità. Ed a questo proposito mi permetto di dubitare che il criterio in base al quale scegliere i futuri commissari sia quello del sostegno che riceve dalla “rete”: a voler essere coerenti ciò porta diritto alla scelta di un parlamentare appartenente ad un partito che attraverso procedure pubbliche e certificate ha ricevuto milioni di voti.
E questo non perchè si debba essere neutrali ed indifferenti rispetto alle questioni che ponete, ma perchè all’interno di organi collegiali le decisioni devono essere assunte prendendo in considerazione i tanti interessi coinvolti (le imprese, gli utenti, la collettività in generale) senza il vincolo di un qualche mandato o di un (non molto originale) “contratto con gli italiani (digitali)”.
Ho sempre espresso le mie posizioni a favore della libertà della rete; ma ho sempre detto che tanto più si è liberi tanto più si deve essere responsabili. Mi rendo conto che promettere ed esaltare i “diritti digitali” paga in termini elettorali. Ma non essendo io interessato a vicende elettorali, non mi dispiace evidenziare come vi sono anche dei doveri digitali che andrebbero con eguale fermezza indicati e fatti rispettare.
A cura di Mauro Vecchio