India, le minacce di Facebook e Google

India, le minacce di Facebook e Google

Secondo l'accusa i due giganti attentano alla sicurezza nazionale attraverso i falsi profili del terrorismo. E venderebbero i dati dei cittadini agli Stati Uniti. La denuncia all'Alta Corte di Nuova Delhi
Secondo l'accusa i due giganti attentano alla sicurezza nazionale attraverso i falsi profili del terrorismo. E venderebbero i dati dei cittadini agli Stati Uniti. La denuncia all'Alta Corte di Nuova Delhi

È uno tra i più agguerriti attivisti della destra indiana, scagliatosi contro i colossi del web a stelle e strisce. K.N. Govindacharya ha così denunciato all’attenzione dell’Alta Corte di Nuova Delhi i vertici – tra gli altri – di Google e Facebook: l’accusa è quella di costituire una severa minaccia alla sicurezza nazionale .

I giudici indiani hanno dunque chiesto alle due società statunitensi di rispondere alle tesi portate in aula da Govindacharya. Stando alla visione dell’attivista asiatico, Facebook e Google non farebbero abbastanza per verificare la reale identità degli utenti, spesso nascosti dietro falso nome per operare indisturbati al servizio di organizzazioni terroristiche .

La petizione privata ha infatti tirato in ballo gli attentati di Mumbai, con alcuni (falsi) profili in blu a stretto contatto con i mujaheddin in terra indiana. Ma il problema del terrorismo non rappresenta l’unica questione sollevata da Govindacharya, che vorrebbe il blocco di tutti gli account per i minori di 18 anni in modo da estirpare il fenomeno della pedofilia .

Sempre secondo l’attivista indiano, società come Facebook e Google sfrutterebbero i dati personali dei cittadini asiatici per guadagnare in termini commerciali, violando la privacy degli utenti e soprattutto consegnandoli all’impero statunitense . La petizione ha inoltre chiesto di fare luce sulle eventuali scappatoie fiscali per le operazioni in India.

Non è la prima volta che i giganti del web vengono chiamati a rispondere dall’Alta Corte di Nuova Delhi. Si ricorda la querelle sui contenuti ritenuti blasfemi e dunque contrari ai sacri principi religiosi dell’Islam o dell’Induismo. I problemi sollevati da Govindacharya non vanno però a toccare lo status da intermediari già invocato a gran voce da Facebook e BigG.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
11 giu 2012
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