Privacy, l'Europa da Google vuole di più

Privacy, l'Europa da Google vuole di più

I garanti europei mettono alle corde il colosso californiano, che avrà pochi mesi per rivedere la spremuta di policy per il trattamento dei dati personali. Negli Stati Uniti, l'antitrust minaccia
I garanti europei mettono alle corde il colosso californiano, che avrà pochi mesi per rivedere la spremuta di policy per il trattamento dei dati personali. Negli Stati Uniti, l'antitrust minaccia

Dalla privacy all’antitrust, un autunno caldissimo per il gigante Google, pressato tra le due sponde dell’Atlantico per la sua leadership nel mercato dei servizi web, che coinvolge milioni di utenti tra Europa e Stati Uniti. Nel Vecchio Continente, la transalpina Commission Nationale de l’Informatique et des Libertes (CNIL) è tornata alla carica sulla spremuta di oltre 60 policy per il trattamento dei dati personali.

Armati dal gruppo europeo Article 29 Data Protection Working Party , i vertici della CNIL avevano avviato un’inchiesta sul nuovo pacchetto di policy semplificate, adottato da BigG agli inizi dello scorso marzo. Al presidente Isabelle Falque-Pierrotin erano giunte solo alcune risposte agli interrogativi francesi, posti per capire meglio come sarebbe cambiato il trattamento dei dati personali di milioni di cittadini comunitari .

In sostanza , l’esito del quiz spedito alla Grande G non ha soddisfatto i garanti d’Europa. L’azienda di Mountain View non avrebbe ancora fornito ai suoi utenti un meccanismo chiaro e semplice per slegarsi (opt-out) dal nuovo pacchetto di policy condensate , che tratterà in un’unica modalità le informazioni provenienti dai più svariati servizi online, dalla posta elettronica alle mappe.

Nel recente intervento della CNIL a Bruxelles, Google avrà dai tre ai quattro mesi di tempo per rivedere le sue policy, seguendo alla lettera le raccomandazioni della privacy europea . Agli utenti comunitari dovranno essere comunicate in maniera chiara e trasparente le modalità di gestione dei dati personali, in particolare quelli legati a carte di credito o a posizioni geolocalizzate tramite Maps o il social network Plus.

In altre parole, il gruppo europeo crede che l’ambito di trattamento proposto da Google dallo scorso primo marzo sia “troppo ampio”. In risposta, l’attuale global privacy counsel di BigG Peter Fleischer ha sottolineato come la spremuta di policy resti in perfetta armonia con le leggi comunitarie in materia di protezione dei dati personali. E che le informazioni geolocalizzate verranno sfruttate solo con il consenso (opt-in) degli utenti .

Alle raccomandazioni europee ha aderito anche il Garante italiano per la protezione dei dati personali: “Google usa i dati degli utenti raccogliendoli in maniera massiva e su larghissima scala, in alcuni casi senza il loro consenso, conservandoli a tempo indeterminato, non informando adeguatamente gli utenti su quali dati personali vengono usati e per quali scopi, e non consentendo quindi di capire quali informazioni siano trattate specificamente per il servizio di cui si sta usufruendo”, si legge in una nota ufficiale .

E ancora: “Google dovrebbe chiarire agli utenti le finalità e le modalità di combinazione dei dati tratti dai vari servizi forniti e mettere quindi a punto strumenti per consentire agli utenti un più stretto controllo sui propri dati personali. A tale scopo, i Garanti raccomandano alla società di adottare meccanismi semplificati di opt out (opposizione al trattamento dei loro dati), sia che l’utente sia iscritto o meno ad un servizio, e di ottenere il consenso espresso degli utenti all’incrocio dei dati”. Dall’Europa agli Stati Uniti, dove i vertici della Federal Trade Commission (FTC) sembrano compatti nel lanciare un’inchiesta antitrust sul presunto abuso di posizione dominante nel mercato del search online. Google avrebbe sfruttato la sua leadership nel settore per far fuori la concorrenza , in particolare nella comparazione dei prezzi, come già sottolineato dall’assalto legale sferrato da Microsoft in Europa.

In un recente intervento al Congresso, il democratico Jared Polis ha chiesto al chairman di FTC Jon Leibowitz di “lasciare in pace Google”, data la sua fondamentale importanza nella crescita economica del paese a stelle e strisce. Il mercato attuale – specie quello legato al web – risulterebbe già ampiamente competitivo, segnato dalle scelte quotidiane di milioni di utenti .

“In un’epoca in cui l’economia nazionale continua a stagnare, non è chiaro il motivo per cui la FTC dovrebbe concentrarsi su un prodotto, il motore di ricerca, che sembra piacere moltissimo ai consumatori”, ha continuato Polis. Piacerà ai consumatori statunitensi, non ai rivali di Google, capitanati dall’organizzazione FairSearch.org in cui è entrato anni fa il colosso Microsoft.

Con oltre il 66 per cento delle ricerche effettuate dagli statunitensi sul suo motore di ricerca, Google si è messa a disposizione delle autorità antitrust per chiarire ogni dubbio. Nel settore dei viaggi, BigG è stata accusata di aver declassato i rivali nel ranking, mettendoli in basso nei risultati di ricerca o addirittura eliminandoli . Secondo il New York Times , la FTC starebbe preparando un memorandum di 100 pagine per avviare la battaglia antitrust.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il 16 ott 2012
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