Per promuovere la libera circolazione della conoscenza nel mercato unico europeo, inseguendo il traguardo fissato dall’Agenda Digitale per l’anno 2020. Ma anche per istituire un quadro giuridico che faciliti le attività di digitalizzazione e diffusione delle opere dell’ingegno, che si tratti di contenuti capaci di remunerare il detentore dei diritti o di padre ignoto, come nel caso delle cosiddette opere orfane .
Definitivamente presentata dai membri del Parlamento e del Consiglio Europeo, la direttiva 2012/28/UE mostra il segnale di via libera a “taluni utilizzi consentiti di opere orfane”, ovvero quelle opere non direttamente riconducibili ad uno specifico detentore dei diritti. Musei, biblioteche e vari istituti scolastici potranno distribuirle liberamente a tutti i cittadini , evitando eventuali ricorsi legali per violazione del copyright.
Come previsto al comma 1 dell’articolo 3, le organizzazioni culturali si impegneranno a stabilire se un testo o un fonogramma ricadano effettivamente nella categoria delle opere orfane, garantendo lo svolgimento in buona fede di una “ricerca diligente” tramite consultazione di fonti appropriate . In sostanza , bisognerà assicurarsi che il contenuto non sia direttamente legato ad un titolare dei diritti, prima di avviare la digitalizzazione.
Una volta accertato lo status di opera orfana, musei e biblioteche potranno digitalizzare i contenuti solo ed esclusivamente per fini non profit . Una limitazione che diventa una forma di tutela delle istituzioni qualora si palesasse il legittimo detentore dei diritti in un qualsiasi momento. I vari stati membri hanno ora due anni di tempo per recepire la direttiva nei rispettivi ordinamenti legislativi.
La nuova direttiva comunitaria è un ulteriore passo in avanti verso la definitiva armonizzazione delle regole sul copyright nei vari paesi membri. Negli Stati Uniti, un tribunale di New York ha da poco respinto le richieste di Authors’ Guild , che voleva il blocco delle operazioni di digitalizzazione dopo l’accordo tra Google Books e vari istituti universitari a stelle e strisce.
Come sottolineato dal giudice, l’utilizzo delle opere in formato elettronico rientrerebbe pienamente nel concetto anglosassone di fair use , ovvero nell’ambito della ricerca, dell’insegnamento o comunque della revisione critica – non a scopi commerciali – di un’opera . È lo stesso ambito non profit evidenziato dalla direttiva europea.
La questione opere orfane diventa certamente più complessa quando entrano in gioco interessi commerciali come nel caso dello stesso progetto Google Books. Nel marzo 2011, un giudice di New York aveva fermato le rotative di BigG, sottolineando come la gestione delle opere di padre ignoto spettasse al Congresso e non all’interno di accordi tra soggetti portatori d’interesse .
Mauro Vecchio