Una proposta di legge per il contrasto dello sfruttamento degli esseri umani: è l’obiettivo generale a cui guarda il provvedimento noto come Proposition 35 , sul quale tutti i cittadini californiani sono tenuti a esprimersi attraverso il voto. Tra le misure previste, ve ne sono due che riguardano direttamente o indirettamente le attività svolte su Internet: l’obbligo per i trafficanti di esseri umani condannati di registrarsi come criminali sessuali e il vincolo imposto ai condannati per reati sessuali di manifestare la propria identità online.
Si tratta, dunque, di una disposizione che vieterebbe ai molestatori di intrattenersi in conversazioni online sotto metite spoglie o protetti dall’anonimato. Se la proposta dovesse essere approvata, i condannati per abusi sessuali sarebbero obbligati a comunicare alle autorità tutte le registrazioni effettuate presso i fornitori di servizi Internet e i casi in cui vi sia l’acquisizione di un nuovo identificatore Internet , vale dire qualsiasi iscrizione a servizi offerti dalla Rete: chat, social network, email e tutti gli altri canali di comunicazione privata.
Una proposta di stampo liberticida a parere di Electronic Frontier Foundation (EFF), secondo cui la Proposition 35 rappresenterebbe un’arma utile a creare nuove restrizioni per le conversazioni online, diventando, di fatto, uno strumento governativo utilizzato per la sorveglianza di alcune categorie di netizen. In questo modo, spiegano gli attivisti di EFF, si verrebbe a creare un modello legislativo “pericoloso”, potenzialmente applicabile a chiunque sia considerato scomodo o “impopolare”.
Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca l’interpretazione di Francisco Lobaco, direttore di American Civil Liberties Union ( ACLU ) in California. Secondo Lobaco, la proposta di legge in questione avrebbe il potere di obbligare un cittadino condannato anni addietro per reati sessuali minori, come, ad esempio, oltraggio al pudore o altri crimini che non hanno alcuna relazione con gli abusi commessi su esseri umani, a informare le autorità di polizia sui nickname utilizzati all’interno dei diversi gruppi di discussione in Rete. Un’ipotesi, questa, che lederebbe chiaramente i principi del Primo Emendamento relativi alla libertà di espressione.
Da parte loro, i sostenitori del provvedimento dichiarano che “la prevalenza dell’anonimato su Internet ha favorito la rapida crescita di abusi sessuali, facilitando come mai prima d’ora il traffico umano di donne e bambini”.
Nonostante le diverse critiche mosse all’impostazione del provvedimento, sembra che la strada per la sua approvazione sia in discesa. Come dimostrato da un recente sondaggio i cittadini californiani dichiarano di apprezzare in larga parte (78 per cento) le misure incluse nella Proposition 35 .
Cristina Sciannamblo