I supermuscoli artificiali di cera e nanotubi

I supermuscoli artificiali di cera e nanotubi

Ricercatori statunitensi si inventano cyber-muscoli più forti e resistenti di quelli di carne. Il merito è dei nanotubi di carbonio mischiati con cera, un setup che favorisce la contrazione e il rilassamento al passaggio del calore
Ricercatori statunitensi si inventano cyber-muscoli più forti e resistenti di quelli di carne. Il merito è dei nanotubi di carbonio mischiati con cera, un setup che favorisce la contrazione e il rilassamento al passaggio del calore

Gli esperti della University of Texas di Dallas lavorano a muscoli artificiali, innesti cibernetici che in un futuro non proprio vicinissimo dovrebbero aiutare l’uomo a compiere lavori usuranti e magari a sostituire parti “difettose” o mancanti come nel caso di un arto amputato.

La base dei nuovi cyber-muscoli statunitensi è composta da nanotubi di carbonio intrecciati a mo’ di tessuto, con uno strato di cera a fare da riempitivo fra i singoli nanotubi al centro del filato. La cera si espande enormemente se i nanotubi vengono riscaldati ad alta temperatura, mentre si contrae solidificandosi una volta interrotta la fonte di calore.

Il risultato del setup? “Muscoli” di nanotubi capaci di mimare (seppur in maniera ancora rozza e limitata) la funzionalità di espansione/contrazione tipica dei muscoli umani e animali, con in più notevoli vantaggi per quanto riguarda la forza bruta disponibile.

I muscoli di nanotubi possono infatti sollevare pesi 200 volte superiori a quelli naturali a parità di dimensioni, dicono i ricercatori, o un peso 50mila volte superiore a quello degli stessi nanotubi intrecciati come massa cyber-muscolare. I nanotubi di carbonio sono infine in grado di resistere a temperature estreme (2500 gradi centigradi).

In attesa che la tecnologia possa arrivare al punto di sostituire o “aumentare” le limitate funzionalità umane, il nuovo nanotech promette prima di tutto di incrementare le possibilità di impiego di robot e strumenti chirurgici, e senza il bisogno di batterie o fonti energetiche aggiuntive.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
20 nov 2012
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