Skype e privacy, Microsoft vuoti il sacco

Skype e privacy, Microsoft vuoti il sacco

Una lettera aperta chiede a Redmond di spiegare (con dovizia di particolari) il vero livello di riservatezza garantito dal servizio di VoIP. Quale accesso hanno i governi nelle conversazioni degli utenti
Una lettera aperta chiede a Redmond di spiegare (con dovizia di particolari) il vero livello di riservatezza garantito dal servizio di VoIP. Quale accesso hanno i governi nelle conversazioni degli utenti

Organizzazioni e attivisti in difesa della privacy e dei diritti digitali hanno inviato una lettera aperta a Microsoft, chiedendo che la società faccia piena luce sul livello di riservatezza e sicurezza nelle comunicazioni offerto dal recentemente acquisito software di VoIP: Skype.

Con 600 milioni di utenti in tutto il mondo, spiega la lettera, Skype è in sostanza “una delle maggiori aziende di telecomunicazioni del mondo”: Microsoft è attivamente al lavoro per integrare il servizio all’interno dei suoi prodotti e delle sue infrastrutture, ed è quindi venuto il momento di dire tutta la verità su quanto è davvero sicura la rete di VoIP più usata dai netizen di ogni lingua e paese.

I firmatari della lettera aperta chiedono rapporti regolari, corposi e trasparenti capaci di diradare le ombre sin qui alimentate dalle risposte parziali (e prevalentemente mancanti) fornite da Microsoft, con indicazioni particolareggiate sul tipo di dati utente raccolti e conservati dalla società, il livello di protezione effettivo garantito dal protocollo cifrato di Skype, quanti e quali soggetti di terze parti ricevono le informazioni sulle chiamate, con quanti e quali governi Microsoft ha condiviso le informazioni.

Di particolare urgenza è poi la chiarificazione sullo status legale delle comunicazioni VoIP su Skype, uno status che è sicuramente cambiato – soprattutto dal punto di vista delle “backdoor” di stato e delle intercettazioni – da quando la società europea è stata acquisita dalla statunitense Microsoft.

I 61 individui e le 45 organizzazioni che hanno sottoscritto la lettera sottolineano come Microsoft debba imparare dalle società (Google, Twitter, Sonic.net e altre) che già distribuiscono rapporti sulla trasparenza in maniera regolare.

Tra i firmatari c’è anche l’organizzazione italiana Hermes Centro per la Trasparenza e i Diritti Digitali in Rete , che in una nota evidenzia la possibilità eventuale di mettere in atto due contromisure (una legale per richiedere la portabilità dell’identità digitale e l’altra tecnologica con la distribuzione di software per proteggere le chiamate VoIP su Skype) nel caso in cui Microsoft non rispondesse in maniera adeguata alle richieste fatte dalla lettera aperta.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
28 gen 2013
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