La terza bozza della nuova versione della licenza Creative Commons è stata aperta alle consultazioni pubbliche: continua così il processo di redazione della versione 4.0 avviato nel corso del 2011 Global Summit con la pubblicazione della prima bozza del ventaglio delle licenze ( BY , BY-SA , BY-NC-SA , BY-NC , BY-ND , BY-NC-ND ), processo che deve portare (almeno nelle intenzioni , nel secondo quadrimestre del 2013) a sostituire la licenza 3.0 disponibile dal 2007.
Oltre a collegare i diritti alla privacy e personali a quelli morali (per cui è prescritta una parziale rinuncia da parte del licenziante al fine di evitare che vengano invocati per impedire l’esercizio dei diritti precedentemente licenziati), e, con l’ art. 6.b , a permettere di aggiungere alla licenza C.C. ulteriori termini e condizioni che ne estendano i termini , senza restringerli ( art. 2.b ), la terza bozza della nuova licenza C.C. affronta in maniera importante l’argomento dei database, dei DRM e della diversificazione della licenza a livello nazionale.
Sì a database e DRM
La licenza 4.0 appare diversa dalla precedenti già a partire dalle materie che possono essere oggetto di licenza: non si fa più riferimento ad un concetto di “opera” ma genericamente di “lavori”.
In questa nuova bozza, inoltre, tra questi vengono inclusi i diritti sui generis connessi ai database : a tutelare i dati non sul fondamento di una presunta originalità, ma in base allo sforzo profuso nella loro raccolta è stato inizialmente il diritto europeo con la Direttiva 96/9/EC , ma anche in altri paesi, come Messico e Corea, negli anni sono sorti diritti simili.
All’interno di Creative Commons l’apertura alla protezione dei database rappresenta una svolta rispetto al passato: nella versione 2.0 tale argomento non era affatto compreso nel dibattito, mentre nella versione 2.5 era affidato ai diversi approcci nazionali (in particolare su pressione del movimento Science Common), e allo stesso modo non veniva menzionato nella versione internazionale 3.0, ma in quelle nazionali europee esplicitamente si chiedeva a chi offriva i propri contenuti con licenza C.C. di rinunciare ( wave ) a tali tipi di diritti, in pratica condannando l’estensione della proprietà intellettuale a questo tipo di dati.
Oltre ad abbandonare questa disapprovazione che aleggiava sui dati protetti con i diritti sui generis dei database, con la licenza 4.0 cade anche la condanna che pendeva sulle misure tecnologiche di protezione: una proibizione che bloccava la diffusione di contenuti C.C. attraverso piattaforme di distribuzione proprietarie che fanno utilizzo di DRM (in primis iTunes). In ogni caso, all’articolo 2.a.3 viene espressamente permesso il loro aggiramento.
Internazionale e unico (ma tradotto)
Un’altra delle principali novità annunciate con la prossima versione è una maggiore internazionalità: C.C. si presenterà nella sola versione internazionale detta unported , valida per tutto il mondo senza più declinazioni ported ritagliate per le singole esigenze legislative nazionali. Ciò non significa che non vi saranno traduzioni ufficiali (sempre affidate alle sezioni di Creative Commons nazionali), necessarie soprattutto a favorire l’adozione della licenza da parte di associazioni ed enti pubblici, tuttavia in caso di conflitto con la versione in inglese è questa a dover essere ritenuta valida .
Per evitare conflittualità, tuttavia, l’ente non profit statunitense fondato nel 2001 da quest’anno ha cambiato metodo di lavoro e nelle nuove bozze si nota un certo interesse ai dettagli: non c’è mai stato così tanto dialogo con le singole sezioni e i referenti nazionali , interpellati per cercare di capire approfonditamente le differenze nelle normative locali, in modo tale da eliminare a priori le differenze prima evidenziate dalle diverse versioni
Per quanto massimizzare l’interoperabilità e la standardizzazione rispetto ad altre licenze ispirate al modello copyleft rimanga uno degli obiettivi principali annunciati come fondamentali della nuova versione, invece, pochi passi sono stati fatti in questo senso: all’interno di C.C. la discussione è in stallo e non si trova un’efficace soluzione al problema. Da un lato si vorrebbe facilitare l’utilizzo da parte degli utenti, dall’altro ragionevolmente impedire il moltiplicarsi di licenze che perseguono i medesimi obiettivi, difendendo incidentalmente in questo modo anche la propria posizione al momento egemonica: in quanto più diffusa licenza di questo tipo copre per esempio foto su Flickr e recentemente su Instagram, e più di 4 milioni di filmati su YouTube.
Questioni ancora da discutere
Oltre alla convivenza con le altre licenze con condivisione Share-Alike , un’altra questione rimasta sul tavolo è quella legata alla definizione di uso commerciale , un problema da anni sul tavolo di Creative Commons. Nelle discussioni relative alla licenza 4.0 si era pensato di cambiare la definizione da “Non commercial” a “Commercial Right Reserved”, poiché non era chiaro agli utenti che offrendo tale tipo di licenza si riservava semplicemente il diritto di sfruttamento, non lo si escludeva totalmente. Tuttavia la questione della definizione non ha partorito una maggiore chiarezza ma all’art. 1.j si è semplicemente eliminato il termine “privato” che accompagnava la definizione di compenso monetario.
il dibattito prosegue in wiki .
Claudio Tamburrino